“Serve una riforma ampia della normativa italiana in materia di comunicazione, informazione e media, il quadro esistente, tra l'altro molto frammentato e disomogeneo, è ormai obsoleto rispetto alle sfide imposte dal nuovo sistema". Lo afferma nella
relazione annuale dell'Agcom alla Camera, il presidente Angelo Marcello Cardani.
TELEVISIONE, SKY PRIMA NEI RICAVIVa a Sky la palma della tv con maggiori ricavi nel 2014, con una quota del 34,1% (+1,4% sul 2013), seguita da Mediaset al 27,8% (-0,7%) e Rai, al 27,2% (-1,5%). Al quarto posto figura Discovery (1,9%) e Cairo Communication (1,7%). È quanto emerge dalla Relazione dell'Agcom presentata oggi al Parlamento.
LA TV IN CHIARO È ANCORA AL TOPSi avvertono primi segnali di nuove tendenzedella domanda nel settore dei servizi media, ma la televisione inchiaro, stabile rispetto ai livelli del 2010, assorbe tuttora unaquota significativa delle risorse (26% dei ricavi del SistemaIntegrato delle Comunicazioni - SIC nel 2014) e si configura ancoracome l'unico mezzo in grado di raggiungere tutte le fasce dellapopolazione. La quota del canone Rai passa dal 7,5% all'8,7% mentre la raccolta pubblicitaria subisce una flessione di un punto percentuale. Negli altri mercati del SIC perde una quota significativa dei ricavi il settore dell'editoria (-6% nel periodo 2010-2014) e crescono i ricavi della televisione a pagamento (+4%) e la raccolta pubblicitaria online (+7 punti, arrivando ad assorbire il 10% dei ricavi complessivi del SIC).
INTERNET"L'Italia registra un livello di copertura del 36 percento, contro il 68
percento dell'Ue a 28, di conseguenza un digital divide doppio rispetto a
quello europeo, con situazioni regionali che arrivano al 100 percento, ovvero
totale assenza di rete a banda ultra larga. Ancora più critica - ha concluso
- e' la situazione se si considera il livello di penetrazione. Solo il 4
percento delle famiglie utilizza connessioni a velocita' maggiore di 30 Mbps
contro il 26 percento dell'ue e sono praticamente nulle sono le connessioni a
100 Mbps”.
I MEDIA CLASSICI HANNO PERSO 2 MILIARDINegli ultimi 5 anni i media "classici" (quotidiani, tv, radio) hanno complessivamente perso quasi 2 miliardi di euro, con una riduzione pari al 16% nel periodo 2010-2014, con punte superiori al 30% nel caso dei quotidiani.
BOLDRINI: FARE DI PIU' PER SALVARE I GIORNALIPer il
presidente della Camera, Laura Boldrini, "i dati riguardanti il mondo
dell'informazione parlano di una crisi pesante, che si protrae
da anni, in particolare per quotidiani e periodici. Ma forse a
questa crisi non diamo la necessaria rilevanza perchè le
notizie ci arrivano addosso da ogni dove, con i nuovi mezzi. Ci
sembra di essere costantemente aggiornati, e dunque pensiamo di
poter fare a meno dei mezzi di informazione più classici. A me pare invece che il costante declino della diffusione
dei giornali - dove il calo delle copie cartacee non è
compensato dalla crescita della versione digitale - meriti
qualche preoccupazione e qualche riflessione in più, proprio
dal punto di vista della coesione sociale . I giornali non sono soltanto fornitori di notizie.
Sono anche luoghi di formazione vera dell'opinione pubblica,
spesso in modo più articolato di quanto non consentano i tempi
e i toni del dibattito televisivo. E dunque mi rivolgo ad una
platea che oggi vede riuniti qui tutti gli attori rilevanti del
settore editoriale per chiedere se stiamo facendo tutto il
possibile perchè ai giornali di qualsiasi orientamento, intesi
come strumento di crescita culturale e di vera cittadinanza,
possano appassionarsi i ragazzi e le ragazze, i potenziali
nuovi lettori che oggi mancano all'appello".
IL VALORE DELLE COMUNICAZIONI GIU’ DEL 6%Cala del 6% il valore del settore comunicazioni in Italia nel 2014. È quanto emerge dalla relazione annuale dell'Agcom, che stima il valore del
macrosettore delle comunicazioni in 52,5 miliardi di euro, circa il 6% in meno rispetto al 2013. Nel dettaglio, secondo l'Autorità, registrano una riduzione di valore le tlc (-7,7%), i servizi media (-3,2%) e i servizi postali (-2,3%) Nel suo insieme il settore comunicazioni incide per oltre il 3% sul
Pil, aggiunge la relazione: le tlc pesano per il 2%, i media
per lo 0,9% e i servizi postali per lo 0,4%. In calo anche
l'andamento dei prezzi, che si è attestato su un livello più
bassi rispetto all'indice generale.