Zaia dichiara guerra al Nord(Europa). Può sembrar paradossale per un leghista, ma sulle quote latte l’interesse nazionale vale più della latitudine. «Pretendere che un allevatore italiano guadagni quanto quello lituano significa cancellare la più bella agricoltura d’Europa, che produce qualità e alimenta una grande rete di comunità, di famiglie e di tradizioni. Spero che non ci costringano a contarci, ma io dico che la linea tedesca non passerà» promette il ministro trevigiano da Vajxo, in Svezia, dove oggi si conclude il vertice informale tra i ministri agricoli dell’Ue. Le misure per contenere la crisi del latte sono l’unico punto all’ordine del giorno: si parla di aiuti per 600 milioni di euro all’ammasso di burro e latte scremato in polvere, di raddoppiare gli aiuti di Stato alle aziende e di 40 milioni per la promozione, ma anche di nuove multe per chi produce over quota. La commissaria all’agricoltura Mariann Fischer Boel ha spiegato che intende avvalersi «di tutte le misure per stabilizzare il mercato, ma non ritorneremo sulla decisione di sopprimere progressivamente le quote di produzione». Un segnale forte a Francia e Germania, che vorrebbero congelare l’aumento delle quote latte (+1% annuo per cinque anni) con cui l’Europa ha risposto alla crisi alimentare, ma a Zaia non basta. Vuole evitare che il beneficio ottenuto l’anno scorso (all’Italia è stato concesso tutto l’aumento quinquennale in un colpo solo) venga neutralizzato da manovre indirette, come gli aiuti ai produttori di burro e latte in polvere, concentrati nei grandi allevamenti tedeschi, francesi, polacchi... Sarebbe una mazzata per gli allevatori italiani, concentrati nella pianura padana e costretti a fare i conti con una concorrenza già fortissima. Nord, quindi, contro Nord: ecco come Zaia ci spiega il suo 'paradosso'.
Perché all’ultimo Consiglio agricolo l’Italia si è schierata, da sola, contro la proposta della Commissione di prorogare gli acquisti di burro e latte scremato in polvere? In primo luogo perché non ha ancora prodotto un miglioramento significativo dei prezzi, obiettivo degli sforzi europei. E poi, io difendo la produzione di 43.000 stalle, quasi tutte in pianura padana, che producono 11,5 milioni di tonnellate di latte fresco e che vedono importare ogni anno 8 milioni di materia prima di qualità certo non paragonabile alla nostra. L’Italia ha tutto da perdere da una politica che tra l’altro costa alle casse comunitarie la bellezza di 600 milioni di euro.
Qual è la vostra controproposta? Puntiamo a ripristinare l’aiuto all’ammasso privato dei formaggi: oltre a comprare burro e latte in polvere per sostenere il prezzo dei prodotti del Nordeuropa, l’Ue acquisti anche formaggio sul mercato. Visto che in Italia il 70% del latte viene utilizzato dall’industria casearia, questa politica aiuterebbe anche noi in un momento che è di difficoltà per tutti. Oggi un litro di latte si paga 28-30 centesimi e costa all’azienda agricola 35-40.
In Europa si parla di un crollo del 49% per il prezzo del latte scremato in polvere, del 39% per il burro, del 31% per il latte, del 18% i formaggi: basteranno glii aiuti a fermare la caduta? I sondaggi dicono che i consumatori sono pronti a pagare di più i prodotti di cui conoscono l’origine. Oggi proporrò che il decreto sull’etichettatura obbligatoria che ho firmato il 6 agosto sia esteso a tutta l’Ue.
Gli industriali non la prenderanno bene. Gli industriali pensano che dare un nome e cognome a ogni goccia di latte scompensi una produzione che è impostata senza etichettatura, ma il 72% dei cittadini è disposto a pagare un prezzo più alto in cambio della tracciabilità. È una battaglia che dobbiamo combattere insieme agli industriali.
L’Italia è in grado di rompere il fronte franco-tedesco? Sull’etichettatura siamo in grado di convincere i francesi, che hanno, come noi, una grande vocazione agricola. Sul latte la situazione è più fluttuante ma spero che non si arrivi alla conta. Insistere su questa linea significherebbe far sparire l’agricoltura italiana e violare gli accordi che abbiamo sottoscritto. Sulle quote ci siamo espressi con l’health check (l’ultima revisione della pac; ndr) e non esiste che si modifichino le regole a gioco iniziato. Il negoziato chiuso il 18 novembre 2008 sulle quote ci ha permesso di voltare pagina sulle multe - per l’Italia 160 milioni di euro all’anno - distribuendo con la legge 33 nuove quote a chi regolarizzava la produzione. Non torneremo indietro. E il Commissario Fischer Boel è con noi.