L'economista Alberto Quadrio Curzio
È da più di 20 anni che Alberto Quadrio Curzio, professore emerito di Economia politica all’Università Cattolica di Milano, ragiona pubblicamente sulla creazione di “Euro Union Bond”. Ora che la pandemia ha reso urgente una qualche forma di intervento a livello di Unione europea, l’economista ritiene che la risposta migliore possa passare dalla Banca europea per gli investimenti (Bei).
Siamo arrivati a questo vertice dell’Eurogruppo come fosse una partita tra Eurobond e Mes. Ci siamo fissati sulle etichette?
Abbiamo vari enti da utilizzare per fronteggiare in modo comunitario questa pandemia, ognuno con le sue caratteristiche. Crearne uno nuovo richiederebbe tempo. Non considero la Bce, un ente potente che ha già messo a disposizione la capacità di intervento. Le alternative sono tre: la Bei, il Mes e il meno noto Efsm, garantito dal bilancio comunitario. Tutti e tre, a modo loro, emettono degli Eurobond, cioè emettono titoli obbligazionari che fanno capo a soggetti detenuti dagli Stati dell’Ue o della zona euro. Il punto di dibattito, al di là degli ammontari necessari, è quello della condizionalità, che in alcuni casi sembra un ostacolo molto forte, in particolare nel caso del Mes. Si parla di un Mes facilitato, con condizioni puramente formali: alcuni lo ritengono possibile, altri no, io preferisco non esprimersi in assenza dei dettagli.
Quale sarebbe la soluzione più adatta a gestire l’emergenza?
La Bei non avrebbe problemi di condizionalità, perché potrebbe erogare prestiti paritari a tutti gli Stati oppure elettivamente solo ad alcuni. Io ho fatto una proposta che dal punto di vista sostanziale è analoga a quella avanzata dai commissari europei Thierry Breton e Paolo Gentiloni: creare all’interno della Bei un veicolo ad hoc che serva esclusivamente ad affrontare questa pandemia. La Bei esiste dal 1957 e oggi con 23 miliardi di euro di capitale versato può raccogliere sul mercato 450 miliardi di euro. Se raddoppiassimo il capitale arriveremmo a quasi mille miliardi. Tra l’altro la Bei prende le sue decisioni a maggioranza e le sue obbligazioni sono comprate dalla Bce. Il Mes mi sembra un’ipotesi più complicata, perché al di là della questione delle condizionalità, è nato con finalità diverse, cioè andare in soccorso di Stati che hanno difficoltà ad accedere al mercato dei capitali. La Bei nasce invece per fare investimenti, una categoria onnicomprensiva dell’economia reale.
Lei ha capito cosa vuole il governo italiano quando insiste nella richiesta di Eurobond?
Mi fa una domanda molto difficile. Io preferirei che invece di dire “no” si scegliesse la solidarietà creativa: il rifiuto di un determinato strumento, ma nello stesso tempo la proposta di una soluzione che porti al risultato desiderato e sia coerente con le finalità della costruzione europea oltre che con la specificità dell’evento catastrofico che stiamo vivendo.
È sorpreso dall’incapacità dell’Europa di mostrarsi unita anche davanti a questa emergenza?
Un’Europa disunita non ce la farà a resistere alla forza della Cina in campo economico. Sono rimasto colpito negativamente quando il progetto di fusione tra Alstom e Siemens è stato bocciato dall’Antitrust europea: unire quelle due società avrebbe consentito di creare un’azienda capace di competere su scala mondiale. Penso a società come Airbus: oggi è il più forte costruttore di aerei del mondo, è un consorzio europeo, nessun Paese dell’Ue avrebbe potuto costruire da solo un’azienda simile. O il Cern di Ginevra, il più grande laboratorio al mondo nello studio delle particelle e dell’energia atomica come strumento di pace. Quando c’è collaborazione l’Europa ha una potenza straordinaria.
C’è collaborazione industriale e scientifica. Quella che manca è la collaborazione politica?
Temo che effettivamente il problema sia questo. Nella seconda parte del XX secolo avevamo capito tutti che l’Europa ha la sua forza nell’essere portatrice di un multilateralismo che è quello dell’et et e non dell’aut aut. Oggi questa consapevolezza si è persa. Così prevale un bilateralismo Usa–Cina in cui l’Europa scompare. Dovremmo rileggere il meraviglioso discorso che Paolo VI pronunciò all’Onu sull’importanza del ruolo della diplomazia. Occorre la capacità di capire che per mantenere la pace serve il dialogo.
È pessimista sul futuro dell’Unione europea?
Sono preoccupato, non pessimista.