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In attesa delle magnifiche sorti e progressive dei carrellini tricolore tra gli scaffali dei supermercati, tocca andare a guardare i dati per capire come gli italiani stiano fronteggiando il carovita. E lì, c’è poco da fare: gli slogan non bastano. A certificarlo una volta di più, ieri, è stato l’Istat, che ha confermato come l’impatto dell’inflazione si stia scaricando soprattutto sui risparmi delle famiglie. Insomma, in mancanza di salari che stiano al passo con il resto d’Europa, gli italiani non possono far altro che risparmiare meno, andando a intaccare le riserve di una vita. Perché se è vero che si fa un gran parlare in questi giorni del successo dei BTp Valore, il sospetto, anche considerato il taglio medio dei contratti sui nuovi titoli di Stato (oltre 27mila euro, raccolta già a 12,9 miliardi), è che quel successo sia frutto soprattutto degli investimenti di chi i soldi, comunque, li ha, e non della famiglia media.
Si spende di più per comprare di meno
Con ordine. Sostiene l’Istat che nel secondo trimestre del 2023 il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dello 0,2%. La propensione al risparmio, che già da diversi trimestri si attesta sotto i livelli pre-Covid, è stimata al 6,3%, in diminuzione di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Il potere d'acquisto delle famiglie, continua l’Istituto di statistica, è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. Impietoso il confronto con l’ultimo trimestre 2019, quello precedente la pandemia, la guerra in Ucraina e la crisi energetica: la propensione al risparmio degli italiani era al 7,8 per cento, un punto e mezzo sopra i livelli attuali. Quattro anni dopo, si spende di più per comprare sempre di meno, suggeriscono d’altronde da tempo tutte le rilevazioni periodicamente fornite anche della grande distribuzione. Siamo indietro, complessivamente, anche rispetto agli altri Paesi europei. Secondo Eurostat, il tasso di risparmio lordo delle famiglie si è attestato nel 2022 al 12,56% nell’Ue, mentre l’Italia non va oltre il 9,95%, il livello più basso dell’ultimo decennio. Siamo insomma nel pieno di una drammatica era delle rinunce, un’era in cui si allarga ancora il solco tra famiglie abbienti e quelle che non arrivano a fine mese e in cui la classe media rischia di scivolare sempre più indietro.
I consumatori: serve di più
Per le associazioni dei consumatori, che ieri hanno presentato un pacchetto di proposte al ministro delle Imprese Adolfo Urso per monitorare l’iniziativa del “trimestre anti-inflazione”, il volontarismo della grande distribuzione e di una parte delle imprese di produzione non basta, considerati gli aumenti dei prezzi dell’ultimo anno. Riforma delle aliquote Iva, rimodulazione di accise ed oneri di sistema su carburanti ed energia, osservatori territoriali sulla dinamica dei prezzi sono tra le “soluzioni” suggerite dalle organizzazioni. «Il mix di perdita del potere d’acquisto, riduzione del risparmio e aumento del peso dei finanziamenti non può che avere un riflesso negativo sia dal punto di vista sociale che economico – sottolinea da parte sua Confesercenti –. In questo contesto, la tenuta dei consumi nella seconda parte dell'anno non è assicurata e anche le recenti stime della Nadef su un incremento della spesa delle famiglie dell'1,3% potrebbero rivelarsi fuori portata. Un rallentamento che non può essere ignorato dalla prossima legge di bilancio».
Sui conti correnti 71 miliardi in meno
Nelle scorse settimane era stato un rapporto del Centro studi di Unimpresa su dati di Banca d’Italia a certificare che l’ammontare dei conti correnti degli italiani è diminuito in appena sei mesi di oltre 71 miliardi di euro, con una discesa del 3,4% in meno di 200 giorni, dai 2.065 miliardi di dicembre 2022 ai 1.994 miliardi di giugno scorso. La riduzione del saldo dei salvadanai è peraltro ancora più vistosa se si prende in considerazione l'intervallo di tempo che va da dicembre 2021 fino a giugno 2023: meno 82 miliardi. A soffrire l'incremento del costo della vita e dei prezzi delle materie prime sono tanto le imprese quanto i cittadini: se le prime hanno prelevato dai loro conti correnti 25 miliardi nel trimestre scorso, i secondi hanno attinto ai loro depositi bancari per 50 miliardi.
E sale il credito al consumo
Continua a crescere, parallelamente, l’ammontare del credito al consumo. Nel 2016 il totale dei finanziamenti era di poco inferiore ai 107 miliardi di euro, nel 2023 siamo arrivati quasi a 154 miliardi: un aumento del 44% in soli sette anni, secondo un'analisi condotta dalla Fondazione Fiba di First Cisl su dati di Bankitalia. Una tendenza che continua nonostante l’aumento dei tassi di interesse. Da un lato, dunque, si intaccano i risparmi, dall’altro ci si indebita di più. È il ritratto di un Paese che non ce la fa e in cui si approfondiscono gli squilibri. Soluzioni facili non ce ne sono. Ma ipotizzare che un logo tricolore al supermercato risolva la crisi economico-sociale in corso o levare peana al “popolo dei risparmiatori” per la corsa all’ultimo Btp rischia di rivelarsi drammaticamente illusorio.