Saranno 2,5 milioni i lavoratori da sostituire nei prossimi cinque anni - Archivio
Tra il 2020 e il 2024 il sistema economico italiano dovrà sostituire oltre 2,5 milioni degli attuali occupati, perché questi ultimi avranno raggiunto l’età di pensionamento o per altre cause. Questo dato, sommato agli incrementi (o alla diminuzione) degli occupati previsti in base ai possibili andamenti annuali del Pil, determinerà un fabbisogno complessivo compreso tra 1,9 e 2,7 milioni di lavoratori. Lo evidenziano i risultati dell’ultimo aggiornamento (luglio 2020) del modello di previsione dei fabbisogni occupazionali sviluppato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior da Unioncamere, prendendo come base due possibili scenari per l’andamento (di espansione o di contrazione) dell’economia: secondo lo scenario A (“base”) la crescita economica potrà generare nel quinquennio 2020-2024, in maniera molto differenziata nei vari settori, un incremento rispetto al 2019 dello stock di occupati di circa 179mila unità, mentre secondo lo scenario B (“avverso”) si prospetterebbe una flessione dello stock di occupati di circa 556mila unità a fine quinquennio.
I fabbisogni occupazionali per il quinquennio 2020-2024
Nel dettaglio, nel quinquennio i settori privati esprimeranno un fabbisogno compreso tra 1,2 e 2 milioni di unità, per lo più determinato dal turnover di personale. La componente pubblica richiederà invece circa 720mila lavoratori, assumendo un peso più significativo rispetto al recente passato. Il fabbisogno di lavoratori autonomi si collocherà tra 400mila e 600mila unità nel prossimo quinquennio, grazie alla replacement demand che andrà a compensare la contrazione dello stock occupazionale previsto per questa componente. I dipendenti, con una richiesta tra 1,6 e 2,1 milioni di unità tra 2020 e 2024, peseranno sul fabbisogno totale per una quota compresa tra il 77% e l’80% a seconda degli scenari. A livello di ripartizione territoriale, sarà il Nord Ovest ad avere bisogno della quota maggiore di occupati (609mila/844mila unità), seguito dal Nord Est (492mila/665mila unità), dal Mezzogiorno (500mila/661mila unità), e - in misura minore - dalle regioni del Centro (361mila/527mila unità).