Aumento dell’età pensionabile fino a 65 anni per le donne nel pubblico impiego ma anche – in prospettiva – un mini-slittamento dell’età di ritiro per tutti. A sorpresa il governo allarga il tiro sulle pensioni. Non c’è solo l’equiparazione uomo-donna come chiesto dalla Corte di Giustizia Ue nell’emendamento presentato ieri al decreto-anti-crisi. Spunta anche una mini-stretta che comporterà qualche settimana di lavoro in più (al massimo tre mesi) per l’insieme dei lavoratori a partire dal 2015. Si tratta, ha spiegato il ministro del Welfare Maurizio Sacconi di «una forma di stabilizzazione del sistema previdenziale in relazione all’incremento dell’aspettativa di vita», precisando che sarà una «sorta di piccola finestra mobile, quasi impercettibile per le persone». La «finestra» sarà spostata ogni cinque anni in base ai dati demografici dell’Istat e dunque nel 2015 ci sarebbe un primo aumento di poche mensilità, cioè di qualche giorno ogni anno. Una misura che serve a dare un piena sostenibilità al sistema previdenziale italiano, ha spiegato Sacconi, secondo il quale invece «forti penalizzazioni, tali da modificare le condizioni e le aspettative dei lavoratori, non sarebbero accettabili».Nella pubblica amministrazione l’emendamento dispone invece l’equiparazione dell’età di uscita dal lavoro delle donne. Il meccanismo è graduale ma in questo caso si attiva già dal prossimo anno per arrivare a regime nel 2018. La nuova normativa fa aumentare di un anno il requisito anagrafico di pensionamento ogni 24 mesi a partire dal primo gennaio 2010. In sostanza dall’anno prossimo le lavoratrici pubbliche andranno in pensione a 61 anni, che diventeranno 62 nel 2012, 63 nel 2014 e così via fino al raggiungimento del tetto dei 65 anni di età. Salvi i diritti di coloro che hanno maturato entro il 31 dicembre 2009 «i requisiti di età e di anzianità contributiva previsti dalla normativa vigente». Queste lavoratrici mantengono quindi il diritto alla pensione, secondo le vecchie norme, a 60 anni.Dal sindacato tanto Epifani che Bonanni affermano di preferire un intervento di aumento dell’età pensionabile basato sugli incentivi più che sugli obblighi. Secondo il segretario Cisl una riforma della previdenza non può prescindere da principi di «libertà» e da «incentivi» per restare al lavoro. Ma la soluzione scelta per le donne, ha aggiunto, «mi sembra graduale». Il leader della Cgil Epifani invece dice no a «un innalzamento forzoso e rigido» ma apre a «politiche per promuovere l’occupazione nell’età matura».