Quel che è accaduto ieri a Roma è stato il prologo ai tre mesi che cambieranno l’Europa. Dal vertice a quattro nella capitale al voto tedesco, passando per il Consiglio Ue di fine giugno, sarà un’estate decisiva per il futuro dell’Unione. Non è un caso che Letta, il cui pressing sui fondi per il lavoro continua, abbia evocato lo spettro euroscettico: o si agisce subito o dalla crisi economica si passa alla crisi politica. Ne è consapevole anche la Casa Bianca che, in vista del G8, ha detto in una nota di sperare che emerga un «consenso sul fatto che la crescita e l’occupazione sono la priorità». In serata, lo stesso Obama ha avuto una conferenza con i premier di Italia, Germania, Francia e Gb per ribadire che si tratta di una «priorità comune».Due anni dopo l’attacco speculativo che mise in crisi Italia, Spagna e Grecia, i grandi Stati europei si presentano ai prossimi appuntamenti con stati d’animo diversi. Parigi e Madrid hanno chiesto due anni in più per rientrare nei vincoli di bilancio dell’Europa, mentre Roma è appena uscita dalla procedura d’infrazione. «Tutti devono fare i compiti a casa, ma non tutti partono dalla stessa posizione – spiega una fonte –. La Francia, ad esempio, sarà obbligata a una manovra correttiva di mezzo punto di Pil per ogni anno, fino al 2015». Da qualche settimana il governo Hollande è il nuovo osservato speciale a Bruxelles e, dopo le polemiche sulle raccomandazioni fatte dalla Commissione di Barroso all’Eliseo, ieri è sembrato di cogliere un cambio di registro nelle parole del ministro Pierre Moscovici, quando ha detto che il suo Paese «condivide l’ambizioso obiettivo della Commissione Europea di reindustrializzare l’Europa».L’asse con Berlino resiste, ma l’impressione è che la Germania stia disputando tutta un’altra partita, e non solo perché è attesa da un voto-referendum sull’operato di Angela Merkel. Nei
Länder, la disoccupazione giovanile è al 7,5%, a livelli quasi fisiologici, trenta punti sotto l’Italia e oltre cinquanta sotto Spagna e Grecia. Non è una priorità, in altre parole, e lo dimostrano anche le parole pronunciate dal cancelliere tedesco ieri alla Bbce. I 3,6 milioni di giovani europei che sono disoccupati «devono essere pronti a trasferirsi altrove, pur di trovare lavoro» ha detto Merkel, sottolineando come questo livello di disoccupazione rappresenti «un’enorme crisi» per l’eurozona. C’è bisogno di più «mobilità», ha aggiunto, ricordando come ai tempi della Germania dell’Est «molti giovani lavoravano solo perchè si spostavano a sud». Ragionamenti che fanno il paio con la perentorietà con cui Wolfgang Schäuble ha escluso la possibilità di derogare alle regole del Patto di Stabilità per alcune tipologie di investimenti. «Il governo tedesco in carica è molto prudente e attento a fare concessioni a questo o quel settore o Paese – riflettono in ambienti comunitari – perché qualsiasi mossa verrebbe letta come un’ammissione di debolezza in campagna elettorale». Ecco perché l’Italia può permettersi di accelerare dal punto di vista diplomatico, facendo gioco di sponda con Parigi e Madrid: oggi Letta vedrà Barroso e proverà a chiedere di nuovo fondi e garanzie per i giovani disoccupati, mentre il ministro Saccomanni sarebbe riuscito a inserire la cosiddetta <+corsivo>golden rule<+tondo> nell’agenda dell’Ecofin della settimana prossima. Roma vuole provare a tenere fuori dal deficit il cofinanziamento nazionale ai 30 miliardi di fondi strutturali.