La povertà aumenta e con lei in Italia è in crescita anche al "povertà sanitaria", ovvero il numero delle persone che non sono in grado di curarsi in modo adeguato per motivi economici, ma non solo. Sempre più persone, e tra loro sono in forte aumento anche gli italiani, rinunciano a curarsi o comunque limitano fortemente la spesa sanitaria, di fronte all'incapacità sempre più diffusa di arrivare a fine mese.
Il dato emerge dal Rapporto sulla povertà sanitaria e sulla donazione dei farmaci presentato a Roma. L'indagine utilizza le conoscenze e le informazioni che vengono raccolte grazie al lavoro del Banco farmaceutico con dati provenienti dalla Colletta farmaceutica annuale, dalle donazioni delle aziende farmaceutiche, dai sistemi di monitoraggio degli oltre 1.500 enti caritativi che fanno parte della rete servita dal Banco farmaceutico.
«Fin dall'inizio del suo mandato papa Francesco ha esortato a porre la massima attenzione alle "periferie esistenziali" e il legame tra povertà, bisogni
sanitari e umanizzazione delle cure entra a pieno titolo in
questo discorso», ha detto monsignor Francesco Soddu, direttore
nazionale della Caritas. «Il malato - aggiunge-Soddu - si ritrova ad essere povero tra i
poveri: in definitiva il più povero. In questo contesto che si inscrive il valore della fondazione Banco farmaceutico e la sua idea di sussidiarietà, come sguardo dal basso e non ideologico sui limiti del sistema sanitario». Soddu ha poi ricordato che «le
disuguaglianze sulla salute delle persone sono ancora troppo elevate, basti pensare che la mortalità delle persone povere, in alcuni casi è addirittura cinque volte più elevata che in quelle ricche».
Dal 2007 al 2012 la povertà assoluta è cresciuta di circa il 60%, arrivando a interessare il
6,8% della popolazione, pari a 4,8 milioni di persone. Nelle famiglie povere si spendono in media 16,34 euro al mese per la sanità (pari a circa il 2% dell'intero budget famigliare);
rispetto ai 92,45 euro spesi in media dalle famiglie italiane (pari al 3,7% dell'intero budget famigliare). Nel 2006 le famiglie povere spendevano poco meno di 12 euro al mese, pari
all'1,7% dell'intero budget di spesa. All'interno di questa spesa, circa 12,50 euro sui 16 complessivi sono dedicati all'acquisto di farmaci. Si tratta di un'incidenza decisamente
superiore rispetto alla media delle famiglie italiane, che spendono invece 44 euro al mese in farmaci. Complessivamente ogni mese le famiglie povere italiane spendono dunque 21,5 milioni di euro per acquistare farmaci, pari al 3,4% della spesa privata
farmaceutica complessiva.
Di fronte a questa situazione grave e in netto peggioramento tra il 2007 e il 2013 la Fondazione Banco alimentare ha incrementato la raccolta di farmaci del 241%. I farmaci donati nell'ultimo anno sono stati 1.162.859. Questo aumento è dovuto da un lato alla
crescita delle donazioni durante la Giornata della raccolta farmaceutica (o Colletta farmaceutica) con un +23%, dall'altro al boom delle donazioni aziendali (+1345%).
Le donazioni raccolte nel 2013 sono state utili a rispondere i bisogno di 1.506 organizzazioni caritative, diffuse soprattutto in Lombardia (22%), Emilia-Romagna (12,5%), Piemonte (11,4%) e Veneto (8,8%). Questi enti hanno aiutato nel 2013 quasi 680mila persone. Il 51% sono donne e il 57% sono italiani. Negli ultimi due anni la
presenza di italiani è diventata maggioritaria, modificando un trend storico di prevalenza di utenti stranieri. Più di un assistito su tre sono minori.
Il trend di forte crescita della povertà ha però aumentato la forbice tra bisogno
e capacità di risposta attraverso le donazioni. Se nel 2007 il Banco farmaceutico riusciva a coprire quasi il 55% delle richieste, nel 2013 la copertura del bisogno è scesa al 43,2%. Il picco di capacità di risposta è stato raggiunto del 2011 (65,1%). Dal punto di vista
economico, il Banco ha distribuito nel 2013 farmaci per oltre 8 milioni di euro, rispetto ai 2,1 milioni di euro del 2007. Il 75% di questo valore è oggi garantito dalle aziende (era il 15% nel 2007). Per quanto riguarda le tipologie di farmaci donati, i più diffusi sono quelli contro l'acidità (11,5%), gli analgesici (11,2%), gli antiinfiammatori (7,7%), i preparati per la tosse (6,8%) e i farmaci contro i dolori articolari e muscolari (5,8%).
Nel 2013 hanno aderito alla Giornata di raccolta 3.366 farmacie, distribuite in tutte le regioni a eccezione del Molise. Il tasso di adesione delle farmacie è risultato più consistente al Nord (circa il 28%), rispetto ad una media nazionale di 18,7 farmacie aderenti ogni 100. Complessivamente nelle farmacie sono state raccolte oltre 350mila confezioni, di cui quasi una su tre è stata acquistata in Lombardia. Nel 2013 hanno partecipato alla raccolta oltre 12mila volontari. Il record di partecipazione si è
avuto in Friuli-Venezia Giulia, dove si sono mobilitati 55 persone ogni 100mila abitanti.
La raccolta di farmaci inutilizzati organizzata dal Banco Farmaceutico torna il prossimo 8 febbraio in 3.500 farmacie italiane. "C'è la volontà da parte di tutti gli attori in gioco, dalle
istituzioni alle farmacie, dagli enti no profit alle aziende, di fare squadra per cercare di colmare il gap tra la domanda di farmaci da parte delle famiglie povere e quanto si riesce a raccogliere - ha spiegato il presidente della fondazione, Paolo Gradnik -. Purtroppo dal rapporto è emerso che nonostante i grandi progressi nella raccolta degli ultimi anni la 'leprè del bisogno scappa più veloce, ma siamo tutti intenzionati a raggiungerla, a partire proprio dall'appuntamento dell'8 febbraio». Una mano potrebbe darla anche il Parlamento, ha sottolineato il presidente del Banco Farmaceutico, dove sono fermi diversi progetti di legge sul tema della donazione dei farmaci: «Sarebbe di grande aiuto che questi progetti si sbloccassero, perché rendono più facile donare farmaci da parte delle industrie senza peraltro prevedere alcun costo».