A circa metà strada del governo delle amministrazioni regionali elette nel 2010, il Forum delle famiglie ha voluto fotografare lo stato delle politiche per genitori & figli, cioè quante delle promesse fatte in favore della famiglia sono state sin qui realizzate. Prima delle elezioni, infatti, era stato predisposto un manifesto, sottoscritto da oltre 400 candidati, molti dei quali sono stati poi eletti, compresi otto presidenti (quelli di Campania, Piemonte, Basilicata, Lombardia, Lazio, Toscana, Calabria e Marche). Adesso è il momento di tracciare un primo bilancio prendendo in esame tutte e 20 le amministrazioni, anche quelle che non sono state elette nel 2010.Il Forum delle famiglie non vuole dare voti definitivi, perché è consapevole che si tratta di una valutazione a metà del cammino che le regioni dovranno percorrere, e le faccine apposte su ognuna di esse nella mappa in questa pagina sono più che altro una verifica della rotta intrapresa in materia di politiche familiari. Sono 7 (3 centrodestra, 3 centrosinistra, 1 retta da coalizioni locali) e quasi tutte al Nord le regioni italiane "sorridenti" e rappresentate in un bel verde che fa sperare (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia). Sono scoraggianti invece le faccine rosse di Calabria, Campania, Molise e Sicilia, per le quali Simone Pillon, componente del direttivo del Forum nazionale e presidente di quello dell’Umbria, chiede «un deciso cambio di marcia». Facce gialle interlocutorie per le altre nove regioni, spesso ingenerate da dibattiti ideologici là dove governa il centrosinistra (Liguria, Umbria, Puglia, Toscana), da inerzie istituzionali (Abruzzo, Basilicata, Sardegna, Veneto) o da brusche chiusure di legislatura (Lazio).«Siamo aperti al dialogo con tutti – precisa il presidente del Forum, Francesco Belletti – affinché si imbocchi una strada virtuosa, per questo siamo sempre pronti a dare il nostro contributo». Pillon ha lanciato l’allarme sul fatto che in diverse regioni si sta iniziando a erodere il principio costituzionale del matrimonio (Umbria e Liguria). Numerose regioni infatti stanno sostanzialmente appoggiando forme
light di "famiglia". Anche in regioni virtuose come la Valle d’Aosta il termine di riferimento risulta quello delle "famiglie anagrafiche", a detrimento della famiglia naturale (e costituzionale).In totale sono stati esaminati 1038 provvedimenti, di cui 220 deliberativi (i rimanenti sono di indirizzo o di controllo). Quelli relativi al sociale sono 466, sintomo del permanere di politiche non esplicitamente dedicate alla famiglia. La conciliazione famiglia-lavoro è l’ambito che ha ricevuto meno provvedimenti (69). In ben 4 regioni non vi sono riferimenti di sorta a modifiche al tema centrale della rimodulazione del sistema fiscale, anche se si registrano alcune iniziative virtuose (Lombardia con il "Fattore Famiglia", Valle d’Aosta con l’Irsee, Emilia Romagna col tentativo di "Fattore Parma" e Lazio col cantiere di "Fattore Lazio"). In ben 3 regioni non vi sono neppure atti di indirizzo a tutela della vita umana.La regione più produttiva è stata il Piemonte con 111 atti, quella meno attiva la Campania con appena 6 atti, anche se tutti deliberativi. Mancano quasi ovunque (a eccezione di Liguria e forse Lombardia) politiche di sostegno alle coppie in crisi e alla friabilità coniugale.Sul piano della tutela della vita umana il dibattito è spesso centrato su questioni relative all’obiezione di coscienza oppure all’aborto volontario. Mancano quasi ovunque politiche di ampio respiro finalizzate al sostegno alla natalità, manca qualsiasi strategia sia locale sia, purtroppo, nazionale per arginare l’inverno demografico, fatta eccezione forse per il progetto Nasko della Regione Lombardia (peraltro appena archiviato).Il tema dell’educazione è quasi sempre affrontato per la prima infanzia; mancano provvedimenti di largo respiro relativi alla formazione professionale, teoricamente demandata proprio alle regioni. Stentano poi a decollare politiche familiari organiche, finora portate avanti solo in alcune regioni (Lombardia e poche altre). Le politiche di sostegno alla disabilità appaiono spesso disgiunte dalla visione familiare.«Un’occhiata alla carta geografica – ha concluso Pillon – ci racconta di grandi difformità territoriali: un Nord virtuoso, indipendentemente dal colore politico, un Centro generalmente "in cammino" ma ancora con tante cose da fare, e un Sud che arranca notevolmente».L’assessore alla famiglia del Lazio, Aldo Forte, presente in rappresentanza della Conferenza delle Regioni, ha lamentato che gli interventi soffrono «di un’eccessiva frammentazione, che spesso rende difficile ogni tipo di valutazione dell’effettivo impatto». Questo, a suo giudizio, è «il dato più significativo che emerge dall’indagine del Forum. Ed è questa la criticità sulla quale come Conferenza delle Regioni stiamo chiedendo al governo di intervenire, a cominciare dalla questione finanziaria». Forte ha indicato anche la via di una definizione valida per tutta la penisola di «livelli essenziali delle prestazioni sociali».