Sono usciti anche oggi i 19 lavoratori della Fiom senza che fosse assegnata loro alcuna mansione al lavoro nello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco (Napoli). "Anche oggi ci hanno comunicato che al momento non c'è possibilità di ricollocazione - ha spiegato Sebastiano D'Onofrio - ma come ieri non c'è stata alcuna comunicazione scritta". I lavoratori hanno annunciato che valuteranno la possibilità di tornare nello stabilimento ogni giorno "fino a quando non ci sarà assegnato il turno".Sulla vicenda è intervenuta anche Elsa Fornero, ministro del Lavoro. "È ovvio che non è dignitoso per nessuno ricevere un salario essendo al tempo stesso richiesti di rimanere a casa". Fornero ha lanciato, quindi, "un appello perchè nella contrapposizione si esce sempre tutti perdenti". "Il mio è davvero un accorato appello al dialogo e spero che sia raccolto", ha sottolineato.
STPENDIO SI', LAVORO NO di Nicola PiniStipendio sì, lavoro no. La Fiat mette alla porta i 19 operai Fiom di Pomigliano reintegrati da una sentenza della magistratura. Altro che i segnali di dialogo di cui si è parlato nei giorni scorsi: la lunga guerra tra il Lingotto e le tute blu della Cgil registra un nuovo episodio, sempre all’insegna dell’intransigenza. Ieri i lavoratori (erano 18, perché uno è in aspettativa in quanto candidato alle elezioni) si sono presentati allo stabilimento per riprendere l’attività lavorativa. L’azienda li ha invitati però a tornare a casa perché al momento non c’è la possibilità di ricollocarli all’interno dello stabilimento. Nelle scorse settimane gli operai avevano svolto un corso di formazione, dopo la riassunzione formale avvenuta alla fine di novembre. «Ci hanno intimato di lasciare la struttura e lo abbiamo fatto altrimenti ci avrebbero licenziati», hanno raccontato all’uscita i lavoratori. Preannunciando che stamattina torneranno davanti ai cancelli della fabbrica rendendosi disponibili a lavorare. I 19 avrebbero anche deciso di rifiutare lo stipendio pieno, precisando che i soldi in più rispetto a quelli di una cassa integrazione andranno ad alimentare una cassa di resistenza nell’intento di rispettare chi è ancora in cig.L’episodio di ieri ha suscitato una scia di proteste e polemiche. «Siamo pronti a tutte le azioni giuridiche e sindacali», minaccia la Fiom. Il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha espresso «rammarico perchè dalla contrapposizione non nascono mai cose positive e bisognerebbe ritrovare la capacità di dialogare» ma, ha aggiunto, il governo è «in uscita» e non ha più «margini per intervenire». La Fiat conferma l’episodio ma lo attribuisce alle sole esigenze produttive. Anche a Melfi la Fiat paga senza far lavorare tre operai Fiom reintegrati dopo il licenziamento. In quel caso il ricorso dei lavoratori è stato respinto, perchè lo stipendio è considerato sufficiente. Il caso di Pomigliano nasce da una lunga querelle sindacale e legale tra il sindacato "rosso" e l’azienda guidata da Sergio Marchionne. Dopo il varo della
newco di Pomigliano, la multinazionale dell’auto ha riassunto dal bacino dei cassintegrati della vecchia fabbrica circa duemila lavoratori. Tra questi però nessuno era iscritto alla Fiom, unico sindacato a non avere firmato il contratto aziendale (approvato in un referendum dai lavoratori). Il sindacato ha fatto così ricorso alla magistratura accusando la Fiat di discriminazione. Nell’ottobre scorso la corte d’appello di Roma (confermando la sentenza di primo grado) gli ha dato ragione ordinando alla Fiat di assumere 145 operai tra i vecchi iscritti Fiom. I primi 19 dovevano tornare ieri in produzione. Ma così non è stato. A seguito della sentenza la Fiat aveva avviato le procedure per mettere in mobilità altrettanti operai di quelli che deve forzosamente assumere. Mentre nei giorni scorso ha annunciato che tutti i dipendenti della vecchia Pomigliano ancora in cassa e quelli assunti nella newco torneranno sotto lo stesso tetto aziedenale: una mossa che, secondo il segretario della Fim Cisl Giuseppe Farina, dovrebbe evitare ogni licenziamento, riassorbendo gli esuberi nel bacino dei cassintegrati e superare eventuali discriminazioni. «Non è un problema solo sindacale, perché si stanno violando le leggi e i principi costituzionali», attacca Maurizio Landini, leader della Fiom, secondo il quale «pagare i lavoratori per non lavorare è uno schiaffo a tutto il Paese». La Cgil, da parte sua, parla di «decisione illegale».