Pizza margherita - ANSA
Il mito della pizza ha il suo Licurgo: Raffaele Esposito, inventore della ‘Pizza margherita’. Sembra leggenda: visto che i poveri napoletani una prelibatezza a base di pomodoro, mozzarella e basilico pare che già la mangiassero. Ma la regola di fondazione si tocca con mano: deve essere tondeggiante con il diametro che non deve superare i 35 cm; il bordo rialzato (cornicione) di circa 1-2 cm; morbida e fragrante.
Ogni città italiana ha la sua, e neanche a dirlo, occorre difenderne l’ortodossia. Perché la pizza è il secondo alimento più mangiato nel mondo dopo il riso e il rischio di plagio è altissimo. Da oggi a difenderne l’autenticità ci pensa un marchio: Ospitalità Italiana per le pizzerie italiane nel mondo, si chiama così.
L'iniziativa nasce da felice matrimonio: Unioncamere con il supporto dell'Istituto nazionale di ricerche turistiche. E da felice intuizione: non bastano un paio di tavoli e un forno per fare di un locale una pizzeria. Così il marchio punta a valorizzare pregevoli strutture e il riconoscimento te lo conquisti dopo verifiche imparziali.
Ogni variante regionale è ben accetta. Bastano due ingredienti: qualità e italianità. Metro di giudizio oggettivo le 10 regole che vanno dalla professionalità dei pizzaioli al servizio offerto; dai prodotti utilizzati per le ricette all'utilizzo della lingua italiana per alcuni passaggi specifici che interessano la comunicazione.
Dice il presidente di Assocamerestero Gian Domenico Auricchio “La ristorazione italiana è spesso il primo punto di contatto tra le nostre tradizioni culinarie e il consumatore”.
E la parola ‘pizza’ nel mondo è persino più conosciuta di ‘ciao’: prima della pandemia il giro d’affari era di 60 miliardi. Gli ultimi dati confermano 72 mila tra ristoranti e pizzerie gestite da italiani all'estero: l’incasso è oltre 27 miliardi. Sono 82 milioni le pizze vendute ogni giorno solo in Italia, 5 miliardi quelle in tutto il mondo. I più ghiotti del pianeta gli americani: 13 chili a testa. In Europa neanche a dirlo: gli italiani guidano la classifica con 7,6 chili all'anno, seguiti da spagnoli e a pari merito francesi e tedeschi.
Tutelare processo produttivo e ingredienti diventa allora questione di interesse nazionale. "Il marchio potrà far convergere verso l'Italia un nuovo turismo stimolando il recupero della domanda straniera", dice Roberto Di Vincenzo presidente Isnart.
Dopo gelaterie e ristoranti dunque tocca alle pizzerie. A proposito di miti e antichi greci: malgrado la leggenda del cuoco napoletano sembra che tra le strade di Atene già si mangiasse già un piatto di nome Pita (proprio il nome che trovate nei menù dei ristoranti greci), una focaccia di farina cotta al forno a legna. La ‘pita’ diventa ‘pizza’ al tempo dei longobardi per la tendenza a trasformare la lettera ‘t’ in ‘z’. Parola del noto divulgatore e medievalista Alessandro Barbero che spiega l’origine della parola pizza.