"Cambiamo tutto affinché nulla cambi": inizia così una piccola rivoluzione degli spazi e della cucina con il nuovo anno. Si cambia la forma ma non la sostanza. Siamo nel cuore della Murgia di Castel del Monte: “Antichi Sapori”, ubicato nella frazione di Andria Montegrosso, non è solo un ristorante, ma è soprattutto un modo di essere e di ascoltare il mondo, di vivere i luoghi federiciani. Ne va fiero Pietro Zito, che non ama definirsi chef, in quel borgo contadino in cui è cresciuto con la sua famiglia, da cui ha ereditato l’amore per la terra. E che nel 2023 ha festeggiato i 30anni della sua attività.
Un tempo che è passato in fretta - racconta - scandito dai ritmi della natura, dai traguardi raggiunti, in un’era dove tutto è instabile ed effimero, ancora di più con il covid, dalle tante soddisfazioni che hanno premiato il lavoro di squadra di Antichi Sapori, ripagando i sacrifici, le lotte, gli immancabili imprevisti e ostacoli. Un en plein di riconoscimenti inseriti in un progetto in continua evoluzione, che rappresenta in breve il rispetto per il territorio, la valorizzazione dei suoi prodotti e produttori, la fedeltà granitica alle proprie radici: sono gli ingredienti per una filosofia di lavoro che si è rivelata lungimirante e vincente. La prestigiosa guida Gambero Rosso ha confermato infatti Antichi Sapori nella guida sui Ristoranti d’Italia 2024, conferendo i “Tre Gamberi” su quasi 2500 ristoranti recensiti in tutta Italia. E’ tra le 11 trattorie migliori d’Italia. Fa parte anche quest’anno della guida “Osterie d’Italia” di Slow Food Italia, con l’ambita chiocciola assegnata a Milano. La sindaca di Andria Bruno inoltre lo ha nominato ambasciatore della città Federiciana nel mondo, avendo creato un prezioso fil rouge di collaborazione e scambio tra la città di Andria e la terra del Sol Levante. Da Montegrosso è passato tutto il mondo: dalla Cnn ai personaggi dello sport e della moda.
La storia di Antichi Sapori è un vero culto, impregnata di emozioni e ricordi olfattivi e gustativi, che non ti abbandonano nemmeno quando, lasciato il ristorante, sei sulla via del ritorno. Ora si può osservare il lavoro dei cuochi attraverso un’ampia vetrata oppure decidere di fare una capatina tra i fornelli: “Non è vietato entrare in cucina” è il motto che Pietro ama suggerire ai suoi amici. “Non sono mai stato un vero chef, – afferma ancora Zito – mi sono diplomato come perito agrario nel 1984 e, dopo sono stato catapultato, mio malgrado, nella ristorazione. Ho lavorato per sei anni in nove ristoranti della zona, ma stanco di quel sistema che non mi apparteneva, ho deciso nel 1993 di aprire Antichi Sapori dopo una cena organizzata nel 1990 di grande successo per una ricorrenza importante di un’agenzia. Non ho avuto dubbi sul nome dell’osteria, che rievocasse un menu fatto di antiche ricette della tradizione locale. Passai per folle e visionario, chi sarebbe mai venuto in un luogo sperduto, in mezzo al nulla? Nel corso degli anni non ho partecipato a stage, né tantomeno a corsi in cucine stellate e internazionali, ma ho cercato incessantemente, con famelica curiosità le ricette antiche, quelle tramandate di generazione in generazione nei racconti verbali, carpendone tutti i segreti e sperimentandole nella mia cucina. E così che mi sono ispirato a “chef d’eccezione”: mia nonna, mio nonno, mia madre, mio zio e tanti altri ancora, donne e uomini semplici che hanno avuto il dono di essere custodi di racconti rari che rappresentano lo straordinario tesoro inespresso di questa terra, recuperando scritti in vernacolo".
"Dalla terra al piatto: l’orto rappresenta un legame indissolubile con la terra e con i miei piatti. Suolo coltivato con cime di rapa, borragine, cipolla bianca di Margherita, cipolla di Molfetta, sponsali, lattuga, finocchio, canasta, prezzemolo, rucola, bietola rossa, broccoli, fave e piselli freschi, asparagi, carote, melissa, bietolina, rapa rossa, cardi spontanei, cavolo nero, zucchine, menta, pomodorini, caroselli, senapelli, cristauri. La terra è la mia maestra, la mia musa, il mio bagaglio di esperienze sensoriali - aggiunge Pietro -. La mia è una cucina naturale etica, che riutilizza gli scarti, che non “inquina”, di rispetto orizzontale e verticale, anche nei turni di lavoro ed è questa la mia missione: poter essere a mia volta maestro, capace di trasferire il mio sapere ai giovani cuochi, che siano anch’essi testimoni e ambasciatori del nostro patrimonio enogastronomico, tutelandone la biodiversità, affinché non sia svilita in una omologazione di saperi e sapori”.