Non era mai successo che il petrolio valesse "meno di zero". Mai da quando si è iniziato a rilevare giornalmente, nell’ormai lontano 1983, le quotazioni dei futures, gli strumenti finanziari "a leva" con cui si compra oggi, ad un dato prezzo fissato dai mercati, l’oro nero che verrà materialmente estratto tra qualche tempo. Ebbene: chi ha acquistato lunedì 20 aprile un future per il petrolio texano (Wti) in consegna a maggio – il contratto scade il 21 aprile – si è aggiudicato un barile al prezzo surreale di -37, 63 dollari. Il crollo del valore finanziario è stato del 305%. Un anno fa di questi tempi valeva 60 dollari al barile.
Cos’è accaduto? C’è stata una guerra certo, il braccio di ferro fra i Paesi Opec e il gigante russo, con sullo sfondo il mai celato proposito di tagliare le gambe allo shale-oil americano (proposito solo in minima parte riuscito). Ma non basta. Perché nonostante l’accordo faticosamente raggiunto per tagliare la produzione di 9,7 milioni di barili al giorno – il che avrebbe dovuto consentire ai cartelli petroliferi un sensibile rialzo dei prezzi riportandoli in quella zona di sicurezza che consente ai grandi e piccoli produttori di rimanere a galla – il barile è letteralmente precipitato. Colpa del Covid-19? Anche, ma certamente non solo. I futures al ribasso hanno falcidiato le quotazioni, non v’è dubbio, ma è soprattutto il crollo mondiale della domanda (almeno 20 milioni di barili in meno al giorno) e il contestuale aumento delle scorte fino a saturarne la capacità ad avere fatto il resto.
Come leggere con la giusta freddezza il tracollo delle quotazioni del greggio?
L’oil-crash mondiale – sono in molti gli analisti a ritenerlo – è una spia severa e ammonitrice degli effetti del lockdown mondiale. In sostanza di petrolio ora nonostante i tagli ce n’è ancora troppo e non si sa dove metterlo, visto che lo si usa molto meno e qualche raffinatore si dice disposto perfino a pagare purché si eviti di consegnarglielo. «Siamo di fronte al bleakest outlook (la più tetra prospettiva) che si sia mai vista», annuncia il Financial Times. Ma non per tutti; la grande speculazione – a Wall Street lo sanno fin troppo bene – già si frega le mani: i dealer stanno comprando petrolio a 2 dollari il barile, sapendo che lo rivenderanno a 20 se non di più fra qualche mese. Non strappiamoci i capelli, dunque: sempre di un vecchissimo gioco d’azzardo si tratta. «È il mercato, bellezza, e tu non puoi farci niente», dice un vecchio adagio. Mai proverbiale come oggi.