La soluzione alla «bomba» pensioni potrebbe arrivare con il Consiglio dei ministri fissato dal governo per lunedì. Un mini-rinvio per mettere a punto un provvedimento che sarà «rispettoso della sentenza della Consulta e in linea con gli obiettivi di bilancio indicati nel Def», ha ribadito ieri sera il ministero dell’Economia annunciando una «soluzione a breve». Si conferma quindi che il governo non intende aumentare il deficit oltre il 2,6% già indicato. Il rimborso della mancata rivalutazione degli assegni previdenziali e l’adeguamento per il futuro sarà parziale e graduale. Si parla di 3-3,5 miliardi di euro fino al 2015. La piena reintegrazione delle somme perse costerebbe invece moltissimo, oltre un punto di Pil. In base alla relazione tecnica della Camera sul provvedimento del governo Monti che bloccò per due anni l’indicizzazione delle pensioni oltre i 1.400 euro lordi mensili, i risparmi attesi dal 2012 al 2015 superavano gli 11 miliardi netti, somma che saliva a 20 miliardi fino al 2018 (1,8 miliardi il primo anno e poi circa 3 miliardi annui dal 2013 in avanti). Cifre che se interamente restituite farebbero saltare il bilancio e gli impegni con la Ue. Tuttavia secondo il viceministro all’Economia Enrico Morando (Pd), che ne ha parlato ieri in un’informativa alla Commissione Bilancio del Senato, l’interpretazione in base alla quale la sentenza «comporterebbe un ritorno alla legislazione precedente non è fondata », e in sostanza non c’è alcun obbligo di ridare tutto a tutti. La strada da percorrere, ha spiegato Morando, è invece quella di rimuovere le due ragioni che hanno portato la Corte a bocciare la normativa: perché «sospendeva l’indicizzazione per due anni e non per uno, come era accaduto in precedenza»; e perché il blocco riguardava anche pensioni più basse rispetto agli interventi del passato e non prevedeva un’applicazione progressiva, in base al reddito, dei tagli alla rivalutazione. In sostanza per rispondere alla sentenza l’esecutivo da un lato dovrebbe prevedere un meccanismo di indicizzazione decrescente al salire del reddito pensionistico e alzare la soglia oltre la quale non si prende nulla. Dall’altro però potrebbe limitarsi a restituire l’indicizzazione persa per uno solo dei due anni di blocco e non per entrambi. Questa ipotesi non è solo di scuola. In queste ore è al vaglio dei tecnici e dei giuristi di Palazzo Chigi e Mef per valutarne la percorribilità. Di sicuro una decisione del genere ridurrebbe nettamente l’impatto dell’operazione. Va tenuto conto che nel 2012 la perdita del potere d’acquisto fu del 3% mentre nel 2013 scese all’1,2%. Limitando la restituzione a un solo anno è evidente che l’impegno potrebbe essere più che dimezzato. Anche se dal punto di vista politico è chiaro che la soluzione offrirebbe il fianco alle polemiche. Il presidente dell’Inps Tito Boeri ha auspicato una misura basata sull’equità non solo tra i redditi e ma anche tra le generazioni. L’intervento da 3,5 miliardi netti sarebbe finanziato con il 'tesoretto' da 1,6 miliardi e con le risorse attese dal rientro dei capitali, protetti da clausole di stabilità. Per il futuro il tema sarebbe poi affrontato con la legge di stabilità.