sabato 31 agosto 2019
I dati Ocse: se si va avanti così nel 2050 più inattivi che lavoratori. Non è un problema solo nostro, ma siamo tra i Paesi messi peggio
Si parla tanto di famiglia ma si fa poco per sostenerla. L'Italia ha bisogno di riforme urgenti (Ansa)

Si parla tanto di famiglia ma si fa poco per sostenerla. L'Italia ha bisogno di riforme urgenti (Ansa)

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Tra trent’anni l’Italia avrà un problema molto serio: il numero di pensionati sarà uguale, se non superiore, al numero di persone al lavoro. In pratica i bambini nati negli ultimi dieci anni e quelli che verranno alla luce da oggi in avanti possono già mettere in conto di dover "mantenere" almeno un pensionato ciascuno. Non si deve essere esperti di welfare per rendersi conto che si tratterà di una situazione insostenibile. La causa principale di questa bomba a orologeria è demografica, cioè è frutto del basso livello di nascite che caratterizza il nostro Paese da anni. Ma a incidere è anche il fatto che troppe persone si ritirano dal lavoro troppo presto, perché vengono espulse dal sistema produttivo in quanto ritenute anziane, non sono formate a sufficienza, oppure non riescono più a reggere determinati ritmi di lavoro.

L’allarme è stato rilanciato dall’Ocse, l’organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica, nel rapporto Working Better with Age, presentato a Tokyo dal direttore per l’Occupazione, il lavoro e gli affari sociali, Stefano Scarpetta. Il problema non è solo italiano, anche se riguarda in particolare il nostro Paese.

Guardando agli attuali schemi pensionistici, entro il 2050 il numero di persone con più di 50 anni fuori dal mercato del lavoro rispetto agli attivi dovrebbe salire del 40% in media nei Paesi sviluppati. Da 42 pensionati ogni 100 lavoratori, si arriverà cioè tra trent’anni a 58 pensionati ogni 100 lavoratori. La crisi demografica rende però la situazione più severa in Italia, Grecia e Polonia, dove si prevede un rapporto di uno a uno, ovvero 100 e più pensionati ogni 100 lavoratori.

La cosa preoccupante è quanto il tema continui ad essere trascurato dalle agende politiche, che – si pensi a "Quota 100" – hanno spesso favorito l’aumento della spesa previdenziale rispetto ai sostegni alle nascite. «Se non si pone subito rimedio con il rilancio della natalità e il sostegno concreto alle famiglie – ha detto il presidente del Forum delle Famiglie, Gigi De Palo – non andremo da nessuna parte. Confidiamo nel buon senso di un governo concreto, che affronti i problemi reali, dando priorità a provvedimenti come l’assegno per ogni figlio, sul quale si è già registrata grande convergenza tra le forze politiche».

Misure per la natalità, dunque, ma anche riforma dei tempi e dell’organizzazione del lavoro per promuovere un invecchiamento attivo, suggerisce l’Ocse: «Oggi l’età effettiva di uscita dal mercato del lavoro è addirittura più bassa rispetto a 30 anni fa, non solo per gli scarsi incentivi a continuare a lavorare, ma anche per la riluttanza dei datori di lavoro ad assumere e trattenere lavoratori più anziani». Il rapporto propone di rendere più flessibile l’orario di lavoro per i più anziani e per le donne che rientrano al lavoro dopo la maternità, così da scongiurare forme di precariato, di investire nella formazione degli over-50, ma anche di migliorare le condizioni di lavoro dei giovani, per evitare che cattive condizioni di salute spingano al pensionamento anticipato. Lavorare meglio, per lavorare più a lungo, per avere una famiglia, per avere un futuro.

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