Effetto riforma sulle donne statali: 3.500 dovranno restare un anno in più al lavoro perché sono entrate in vigore le nuove norme che portano l'età pensionabili per le dipendenti della pubblica amministrazione da 60 a 61 anni fino ad arrivare nel 2018 a 65 anni al pari degli uomini, con l'aumento di un anno ogni biennio. La legge è stata approvata dopo che la Corte di Giustizia Europea aveva intimato all'Italia di parificare i criteri pensionistici tra uomini e donne. La stima di 3.500 donne lavoratrici che saranno bloccate al lavoro sono state aggiornate dall'Inpdap (l'istituto di previdenza dei dipendenti pubblici) in vista dell'entrata in vigore della nuova normativa.Secondo le previsioni dell'Inpdap, in base alla vecchia normativa avrebbero lasciato il lavoro per il raggiungimento dei requisiti di vecchiaia in 6 mila, ma dopo la 'stretta' potranno andarsene solo in 2.500. Le restanti 3.500, dunque, resteranno al lavoro. Riusciranno, tuttavia, ugualmente ad andare in pensione le lavoratrici che entro dicembre dello scorso anno hanno compiuto 60 anni e possiedono 20 anni di contributi. In questo caso si prevede la certificazione del diritto acquisito da parte delle amministrazioni di appartenenza. Sempre secondo le simulazioni condotte dall'Inpdap, la nuova normativa porterà ad un risparmio tra il 2010 e il 2018 di 2,5 miliardi, che andranno in un fondo istituito presso la Presidenza del Consiglio per interventi sulle politiche sociali e familiari.