Appena diffusa lo scorso 4 maggio la notizia del parere scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) che parlava di tossicità e cancerogenità di alcuni contaminanti presenti nell’olio di palma e in altri oli vegetali e margarine, tra i primi a buttare acqua sul fuoco erano stati l’Unione italiana per l’olio di palma sostenibile e, per bocca del direttore Mario Piccialuti, l’Aidepi (l’Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane, che rappresenta circa l’80% del mercato nazionale del settore) che vi aderisce in qualità di membro associato. La clamorosa sortita dell’Efsa è stata subito oggetto di analisi e discussione in sede europea, benché al momento senza esito. Ma è tra i consumatori che l’eco è invece ben lungi dallo spegnersi.
Senta Piccialuti, la presenza di contaminanti tossici e cancerogeni, soprattutto nell’olio di palma, rappresenta davvero una minaccia per la salute dei consumatori? È bene precisare che l’Efsa non ha dichiarato che gli oli vegetali, tra cui l’olio di palma, in sé siano cancerogeni o tossici, bensì che in alcuni procedimenti di lavorazione o raffinazione in cui si arriva ad alte temperature (oltre 200° C) si possono sviluppare dei contaminanti di processo che possono essere nocivi per la salute. Per quanto riguarda le aziende italiane, molte non utilizzano l’olio raffinato ad alte temperature, mentre molte altre utilizzano altri tipi di grassi diversi dal palma. Naturalmente Aidepi e tutti gli associati da sempre considerano la sicurezza alimentare e la tutela del consumatore come una priorità assoluta, da raggiungere per ogni tipologia di ingrediente.
Sui processi di raffinazione negli ultimi anni sono stati fatti dei progressi, ma evidentemente non sufficienti. Tecnicamente c’è margine per migliorare o ci si deve rassegnare? Esattamente come dicevo prima, il problema è nella metodologia di raffinazione utilizzata. Certamente si può sempre migliorare. Il nostro settore però non è quello degli oli vegetali, pertanto questa domanda andrebbe rivolta a chi li produce. Le nostre aziende selezionano le materie prime disponibili su mercato con grande attenzione e la sicurezza è sempre stato tra i criteri di scelta primari.
Già tre anni fa però l’Efsa si era pronunciata sulla pericolosità di certi contaminanti. Ne avevate reale e concreta contezza? Le aziende italiane si attengono strettamente, e molto spesso con ampio margine, ai limiti imposti dalla Commissione europea e se in tre anni questi pronunciamenti dell’Efsa non hanno mai avuto una conseguenza dal punto di vista legislativo, significa solo una cosa: che non ci sono concreti riscontri per procedere in questo senso.
Se l’Efsa avesse ragione, cosa sareste in grado di fare in caso, appunto, di confermata e conclamata minaccia alla salute dei consumatori? La ricerca è in continuo sviluppo nel settore alimentare, come ritengo in molti altri settori. Le aziende investono moltissimo nel miglioramento dei propri prodotti e nella selezione degli ingredienti e dei loro processi di lavorazione. Le aziende italiane sono pronte a gestire e annullare qualsiasi possibile rischio, una volta che sia effettivamente confermato.
L’olio di palma, come affermava anche una recente campagna pubblicitaria sulla sua sostenibilità, sarebbe del tutto paragonabile al burro. Perché allora l’industria italiana dei dolci volle ottenere nel 2005 un decreto ministeriale per vietarne l’impiego nei panettoni e nelle colombe, oltre che in altri vari dolci tipici? Perché il burro ha una nota aromatica molto forte e determinata. I prodotto dolciari a cui lei fa riferimento hanno una ricetta tradizionale che prevede la presenza esclusiva del burro e di altri ingredienti che compongono queste antiche ricette. L’industria ha inteso tutelare i consumatori che quelle ricette intendono ritrovare nei prodotto di ricorrenza che acquistano. Sebbene possa essere assimilato all’olio di palma dal punto di vista strutturale, il burro non può essere utilizzato in ogni referenza, in quanto verrebbe a caratterizzare il prodotto sovrastando dal punto di vista organolettico gli altri ingredienti. L’olio di palma ha un profilo nutrizionale analogo a quello del burro: pertanto una sua sostituzione non porterebbe apprezzabili vantaggi.
Dopo il parere dell’Efsa, la Coop ha subito sospeso la produzione di prodotti a proprio marchio contenenti olio di palma. Cosa pensa di questa immediata applicazione del principio di precauzione? Il parere rilasciato dall’Efsa non dà indicazione ai consumatori di modificare le loro abitudini alimentari, né alle aziende di utilizzare un olio vegetale piuttosto che un altro. Lo ha confermato anche il direttore del Dipartimento alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto Superiore di Sanità, il dottor Marco Silano, nel commentare le indicazioni dell’Efsa. Per queste ragioni non riteniamo ci siano le condizioni per applicare in questo caso – e per il solo olio di palma – il 'principio di precauzione', come ha recentemente fatto un’importante insegna della distribuzione quale Coop, nel comunicare la decisione (peraltro in sé assolutamente legittima in un sistema di libero mercato) di sospendere la produzione dei prodotti alimentari a proprio marchio contenenti olio di palma. Trovo inopportuna la modalità con cui questa scelta è stata adottata e comunicata. Annunciare al grande pubblico, nei punti vendita e ai media, la propria decisione, non aiuta i consumatori a fare scelte adeguate, ma diffonde inutili allarmismi.
Giusto o esagerato che sia l’allarme dell’Efsa, è pur sempre un parere scientifico. Come Aidepi cosa pensate di fare per attutire il colpo a livello quantomeno di impatto emotivo? Anche l’articolato parere emesso solo due mesi fa dall’Istituto Superiore di Sanità che ha dichiarato che non è nocivo di per sé, né ha componenti specifiche in grado di provocare effetti negativi sulla salute, ha un valore scientifico. E precedentemente si era espresso nello stesso modo anche l’Istituto Mario Negri, anche questo con un parere scientifico. Ma evidentemente l’impatto emotivo delle cattive notizie, come ben sappiamo, è sempre maggiore rispetto a quello di quelle buone e spesso viene cavalcato da chi porta avanti crociate inesistenti. L’Aidepi rappresenta aziende e imprenditori che si sono sempre distinti per responsabilità sociale, avviando spesso percorsi a tutela della salute pubblica prima ancora che si trasformassero in obblighi di legge. Sulla sicurezza alimentare siamo in prima linea da sempre, non solo sulla varietà delle materie prime che utilizziamo, come l’olio di palma, ma anche su tutte le fasi del processo di produzione, sugli imballaggi, sulla conservazione degli alimenti, eccetera. Abbiamo sempre collaborato con le istituzioni e con le autorità sanitarie per la massima tutela del consumatore. Anche questa volta faremo la nostra parte.
Che contromisure e soluzioni operative pensa possano essere messe in campo d’ora in avanti? Vorrei fosse molto chiaro che il problema riguarda solo chi utilizza oli vegetali raffinati in un certo modo, non tutti i prodotti che contengono olio di palma o altri grassi. In tal senso, molte aziende dolciarie utilizzano l’olio di palma e molte invece non lo utilizzano. Per chi lo utilizza è proprio sul sistema di raffinazione che l’attenzione dovrà continuare a concen-trarsi, perché non è scontato che passare ad altri grassi sia in questo senso risolutivo e sia migliorativo da un punto di vista nutrizionale.