Il mistero sono quelle
42mila donne che mancano tra gli occupati a febbraio.
Come si concilia quel dato che caratterizza la rilevazione dell’Istat con i numeri positivi emersi dai flussi delle attivazioni dei contratti diffusi dal Ministero del Lavoro? Forse che quella del governo era solo propaganda?Sì, l’esecutivo ci ha abituati ultimamente a fare quello che gli inglesi chiamano
cherry picking cioè scegliere le "ciliegie" migliori in un canestro di dati variegati. Ma in questo caso, dopo aver resi pubblici tutti i numeri di cessazioni e attivazioni di gennaio e febbraio 2015, il quadro positivo era stato confermato. Solo a febbraio, infatti il saldo tra nuovi contratti firmati e vecchi cessati è stato positivo per 18.584 assunzioni a tempo indeterminato (mentre nel 2014 il saldo era negativo per 23.967). Dunque ci si poteva attendere dalle rilevazioni Istat un incremento degli occupati anziché un calo, come invece è stato evidenziato. Perché?Secondo Nomisma ciò potrebbe derivare dal fatto che «la maggior parte delle assunzioni si basa su trasformazioni di contratti a tempo determinato: l’effetto dunque è nullo sul numero di occupati netti». Una spiegazione che regge solo parzialmente, però. Perché è vero che a febbraio cala il ricorso ad alcune forme di lavoro meno stabile (-3mila le attivazioni di apprendistati e -2mila collaborazioni) ma il saldo tra attivazioni e cessazioni di queste tipologie contrattuali resta positivo. E così pure è per i contratti a termine: se ne accendono un po’ meno a febbraio 2015 rispetto allo stesso mese del 2014 (319.010 contro 323.932) ma anche in questo caso il saldo (seppur inferiore a quello 2014) resta decisamente positivo: 87.108 contratti attivati in più dei cessati. Dunque anche per questa tipologia si dovrebbero registrare occupati in più e non in meno.
La contraddizione tra i dati del Ministero Lavoro e quelli Istat nasce però soprattutto dal fatto che si confrontano mele con pere. I dati dei flussi contrattuali, infatti, non tengono conto del lavoro autonomo, mentre quelli Istat sì. I primi sono basati su comunicazioni obbligatorie delle imprese, mentre quelli dell’istituto di statistica su sondaggi relativi a un campione di 20-25mila famiglie. Infine, il ministero confronta le attivazioni/cessazioni con l’anno precedente, mentre l’Istat segnala ora un calo degli occupati a febbraio su gennaio (-44mila), mentre se si guarda a febbraio 2014 anche l’istituto di statistica annota una crescita degli occupati di 93mila unità.
Ma allora che fine hanno fatto quelle 42mila donne? E stiamo meglio o peggio di prima? La risposta alla prima domanda è che con ogni probabilità si tratta di ragazze giovani che hanno perso un contratto di collaborazione o che non lavorano più in maniera autonoma o ancora sono donne con contratto a termine non più rinnovato. Quanto alla seconda domanda, ad oggi si può dire che
stiamo certamente un po’ meglio di un anno fa, ma quel boom di nuovo lavoro che era stato prospettato va ridimensionato: la velocità di attivazione di nuovi contratti a febbraio, pur restando positiva, è calata. Non resta che attendere i dati di marzo e aprile per capire come la situazione si consoliderà.