martedì 3 marzo 2020
Con le nuove regole è possibile effettuare con una sola applicazione operazioni con diversi istituti di credito
Con una sola app si potranno gestire diversi conti correnti

Con una sola app si potranno gestire diversi conti correnti

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Per controllare quanti soldi ci sono sul conto corrente da qualche mese non è più necessario passare dall’app o dal sito della propria banca. La direttiva europea sui pagamenti Psd2, approvata nel 2015 ed entrata in vigore in Italia lo scorso settembre, ha costretto gli istituti di credito ad un’ulteriore apertura dei loro sistemi, sulla base del principio che i dati di un conto corrente non appartengono alla banca, ma al cliente. La traduzione concreta di questo principio sono le nuove regole che consentono a un’interfaccia online sicura di ottenere dalla banca, naturalmente con l’autorizzazione del cliente, l’accesso ai suoi sistemi per tre tipi di attività: raccogliere informazioni sulle disponibilità e i movimenti di un conto corrente; dare disposizione per effettuare pagamenti; avere conferma sulla disponibilità di fondi. Tra gli obiettivi della direttiva europea c’è quello di favorire la concorrenza tra le interfacce per gestire i conti correnti. La competizione si è accesa in queste settimane. Illimity, una delle banche più innovative, ha lanciato il suo aggregatore di conti già lo scorso settembre. Le altre stanno arrivando ora. Intesa Sanpaolo il 27 febbraio ha avviato XME Banks, servizio gratuito che consente ai clienti di aggiungere all’app o al sito di home banking di Intesa i conti presso altri venti istituti di credito, che diventeranno cento entro la fine dell’anno. Banca Sella ha annunciato il lancio di un prodotto analogo per questi giorni. Tecnicamente si parla di account aggregator: interfacce che permettono di gestire contemporaneamente conti appoggiati a banche diverse. Ubi lancerà il suo sistema nel giro di qualche settimana. UniCredit sta per lanciare l’aggregatore di conti a livello europeo. Altri istituti seguiranno a breve, mentre presto – nel giro di qualche settimana – vedremo il passaggio successivo, cioè la possibilità di fare partire un bonifico attraverso un’app diversa da quella della banca dove sono depositati i soldi. Dopodiché anche la terza parte dell’open banking voluto dall’Europa diventerà operativa, e chi fa carte di debito o simili strumenti di pagamento avrà diritto di sapere se sulla banca del cliente ci sono i fondi per completare un acquisto.

«La sfida non si giocherà tanto su questi servizi di base, ma su quelli a valore aggiunto» spiega Giulio Rattone, chief information officer di Fabrick, la piattaforma nata per favorire l’open banking in Italia e in Europa. «Da un lato l’home banking multibanca permette di scollegare l’esperienza digitale del cliente dal prodotto finanziario: le interfacce che sapranno offrire eccellenti esperienze digitali potranno conquistare clienti di altre banche. Dall’altro quando un’interfaccia conosce i dati e i comportamenti del cliente può proporre soluzioni e offerte calibrate sulle sue esigenze». La direttiva però non specifica che i servizi di aggregazione di conti debbano essere offerti da una banca. Anzi, parla esplicitamente di 'operatori di terze parti', se hanno standard di sicurezza adeguati: nella competizione per conquistare la fiducia del cliente, e dei suoi dati bancari, possono entrare le aziende del fintech, cioè quelle che applicano l’innovazione tecnologica al settore finanziario, così come le grandi società del digitale, come Google, Facebook o PayPal. Per Rattone questa possibilità esiste, ma non è scontata: «Sicuramente le Big Tech possono entrare in questo mercato, ma non credo che vogliano farlo davvero. La banca può concentrarsi sul definire i migliori prodotti finanziari, la società fintech si occuperà sul complesso lavoro di integrare e sviluppare la soluzione digitale».

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