«Le scuole che svolgono la propria attività secondo modalità concretamente ed effettivamente non commerciali» continueranno a non pagare l’Ici/Imu. Lo ha ribadito il presidente del Consiglio Mario Monti presentandosi, a sorpresa, davanti alla Commissione Industria del Senato. Il premier è intervenuto appositamente per illustrare il suo emendamento riguardante l’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili riservata agli enti non profit. Emendamento che, dopo le chiarificazioni del professore, è stato approvato all’unanimità dalla Commissione e con il plauso anche di quelle forze politiche che avevano presentato degli emendamenti e che conseguentemente li hanno poi ritirati.Nel suo intervento Monti non ha mai pronunciato la parola "Chiesa", precisando anzi che tutta la questione, anche e «soprattutto in sede europea», non è «affatto limitata» ad una «specifica denominazione soggettiva». Con buona pace del circuito mediatico che ha continuato imperterrito ad associare il provvedimento in discussione agli enti religiosi cattolici. In poco più di tre cartelle Monti ha innanzitutto voluto «ribadire» che il suo governo «considera le attività svolte dagli enti non profit come un valore e una risorsa della società italiana». Nessuna intenzione quindi di «disconoscere» questo «patrimonio di civiltà». Tuttavia, proprio «per evitare critiche ingiustificate da un lato» e «interpretazioni riduttive dall’altro», è stato ritenuto «necessario definire con assoluto rigore, trasparenza e linearità l’esatto confine tra attività commerciali e non commerciali». Un chiarimento che non innova la normativa vigente, ma la consolida. Anche con la scelta di aggiungere «l’ulteriore criterio della verifica concreta e non solo astratta» dei requisiti necessari per godere l’esenzione. Approfondendo esplicitamente la questione delle scuole, Monti ha ricordato che «non è propriamente corretto chiedersi» se esse «in quanto tali, siano esenti o meno dall’imposta municipale propria, bensì «domandarsi quali scuole possano essere esenti e quali, viceversa, siano soggette alla disciplina comune». «La risposta chiara ed inequivoca è la seguente – ha proseguito il premier –: sono esenti le scuole che svolgono la propria attività secondo modalità concretamente ed effettivamente non commerciali». Anticipando che ci sarà un successivo decreto del Ministero dell’economia (di cui è titolare lo stesso Monti) per dettagliare gli «aspetti più particolari» della questione. Nel suo intervento di ieri il premier ha intanto già spiegato quali sono i parametri affinché una scuola svolga una attività non commerciale. Innanzitutto deve prestare un servizio assimilabile a quello pubblico riguardo ai programmi, all’accoglienza di alunni con disabilità, all’applicazione dei contratti nazionali per docenti e non docenti. Poi le modalità di ingresso, che devono essere «articolate secondo norme non discriminatorie». Infine la finalità non lucrativa dell’ente deve manifestarsi nel fatto che «eventuali avanzi non rappresentino profitto, ma sostegno direttamente correlato ed esclusivamente destinato alla gestione dell’attività didattica».Ciò detto, Monti ha ribadito comunque che la «chiarificazione individuata dal governo» non è destinata solo al settore scolastico. E che serve a rafforzare quanto è stato già chiarito «in sede giurisprudenziale». E questo con la «piena e convinta determinazione», a considerare «i problemi per la loro esatta incidenza nel tessuto economico e sociale, senza pregiudizi, pretesti o approcci ideologici, ascrivibili a qualsiasi derivazione». Inoltre, il premier ha fatto sapere che la norma approvata era stata informalmente sottoposta alla Commissione Ue, che sempre in via informale ha dato il via libera, premessa per la fine della procedura d’infrazione ipotizzata.<+copyright>