«Un voto al governo per il lavoro svolto in questi primi quattro mesi per giovani e imprese? Premetto che nel mio percorso scolastico ho sempre avuto insegnanti piuttosto severi, comunque darei un 7 pieno per la buona volontà e un 6 per la parte pratica». Per Jacopo Morelli, presidente nazionale dei Giovani imprenditori di Confindustria, l’esecutivo di "servizio" guidato da Enrico Letta merita una sufficienza piena: «Ha inserito la questione delle nuove generazioni in cima all’agenda italiana ed europea». Ora però è arrivato il momento di insistere: «C’è una assoluta necessità di riforme strutturali per creare occupazione, far ripartire il ciclo degli investimenti e rivitalizzare i consumi interni».
Presidente, provvedimenti come il dl lavoro riusciranno ad aprire le porte del mercato occupazionale agli under 35?Sono misure importanti perché smussano alcuni aspetti troppo rigidi della Legge Fornero. Anche gli interventi previsti per favorire la creazione di nuovi posti nel Mezzogiorno dimostrano che c’è consapevolezza di quali sono le emergenze. Ma, purtroppo, per creare un’occupazione stabile, non bastano.
Che cosa serve?Sono due le priorità: uno choc fiscale per ridurre le tasse sul lavoro e un colpo secco alla burocrazia, che rappresenta il vero ostacolo alla crescita del Belpaese. Questi due interventi andrebbero supportati con gli investimenti. Perché anche se si azzera il carico fiscale, un’impresa costruita nel deserto non sente l’esigenza di assumere.
Partiamo dal fisco.La riduzione del livello di tassazione sui redditi da lavoro deve partire da chi oggi guadagna meno di 1.300 euro al mese. Dobbiamo dare a questi dipendenti la possibilità di ritrovarsi in busta paga tra i 50 e i 100 euro in più. Il tesoretto verrebbe immesso immediatamente nei consumi e tornerebbe indietro allo Stato sia con l’Iva sia con le imposte pagate dalle imprese.
Dove trovare le coperture?Lo Stato incassa ogni anno quasi 800 miliardi dai contribuenti. Il 75% di questa somma non si può comprimere. Ma ci sono circa 160 miliardi (la spesa per i beni intermedi) che lo Stato utilizza per acquisti nella Sanità e in altri campi. Basterebbe ridurre anche di pochi punti percentuali alcuni costi superflui per iniziare la rivoluzione fiscale sul lavoro.
Quanto sono soffocate dalla burocrazia le nostre imprese?Tanto, anzi troppo. Pochi giorni fa mi ha telefonato un grande imprenditore italiano attivo nel settore alimentare e si è sfogato perché per aprire un nuovo stabilimento negli Stati Uniti ha impiegato 10 mesi, mentre per ampliarne uno già presente in Italia ci sono voluti 8 anni. Non a caso nel "rapporto sul fare impresa nel mondo" della Banca mondiale l’Italia è al 73esimo posto, la "vicina" Germania è al 20esimo.
Serve uno snellimento normativo?Nel nostro Paese si contano oltre 200mila tra leggi e regolamenti, mentre in Germania soltanto 8mila. Servono poche regole e chiare. Si ridurrebbero così anche i fenomeni illegali. Del resto, lo diceva anche Tacito: "In una repubblica molto corrotta, moltissime sono le leggi".
In questi anni di crisi, complice anche la difficoltà a trovare un impiego, sono cresciute le imprese guidate da giovani. È un segnale positivo?Dimostra che il coraggio di mettersi in gioco fa parte del nostro Dna. Allora aiutiamo questi giovani capitani d’impresa, creiamo un ecosistema industriale favorevole. Lavoriamo affinché le start up non solo nascano, ma abbiano la forza per resistere e crescere nel tempo.