Una scommessa vincente. Mentre la crisi imperversa, chiudendo aziende e falcidiando posti di lavoro, il mondo delle cooperative italiane nuota controcorrente e crea occupazione: più 8% negli ultimi quattro anni, più 2,8% perfino in questi primi nove mesi dell’anno. A certificare la tendenza positiva e l’andamento anticiclico del settore è il Censis, che ha radiografato il settore nel
1° Rapporto sulla cooperazione in Italia, realizzato per conto dell’Alleanza delle Cooperative italiane.Dal dossier emerge dunque con evidenza che l’occupazione nelle cooperative ha continuato a crescere anche nel 2012, portando il numero degli addetti delle circa 80 mila imprese del settore a 1,34 milioni (+36 mila rispetto all’anno precedente). Dal 2007, a fronte di un calo dell’1,2% dell’occupazione complessiva e del 2,3% nelle imprese, gli occupati nelle cooperative sono aumentati appunto dell’8%. Le cooperative contribuiscono al 7,2% dell’occupazione del sistema delle imprese. Soprattutto nel terziario sociale (dove il 23% dei lavoratori è occupato in cooperative), in particolare il comparto sanità e assistenza sociale (49%), i trasporti e la logistica (24%), i servizi di supporto alle imprese (15%). Più ampia la struttura media rispetto alle imprese tradizionali: a fronte di una media di 3,5 addetti per impresa, le cooperative ne contano 17. A fare da traino alla crescita dell’occupazione sono state le cooperative sociali, con un boom di addetti nel periodo 2007-2011 (+17,3%), proseguito nell’ultimo anno (+4,3%). Anche l’ampia area del terziario (commercio e distribuzione, logistica e trasporti, credito, servizi alle imprese) ha registrato un +9,4% di occupati nel quadriennio della crisi e un +3,4% nel 2012. Sostanzialmente fermo nel quadriennio il settore agricolo (+0,5%) e in forte affanno nell’ultimo anno (-3,8%). Ed è crisi nelle coop del comparto edile: -9,3% gli occupati nel periodo 2007-2011 e -1,6% nel 2012. Nel complesso comunque il mondo della cooperazione ha difeso l’occupazione. La maggioranza delle coop (il 40%) è in fase stazionaria, il 24% si consolida, il 17% è in crescita e solo il 17% si trova in gravi difficoltà. Le più colpite dalla crisi sono le piccole cooperative, meno attrezzate per rispondere alla congiuntura. Non è quindi tutto rose e fiori. Al primo posto tra le problematiche recenti ci sono certo i ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione (lo dichiara il 34%), poi dei clienti privati (26%), il calo della domanda (32%), il costo di carburanti ed energia (24,9%). Confermata anche la forte vocazione femminile del settore. Le donne occupate qui sono il 52% e il 29% nei cda. Le coop "più rosa" sono nel sociale (51%) e nei servizi (quasi il 31%). Altro dato distintivo è la centralità della persona in questo modello d’impresa. Diverse le pratiche per venire incontro alle esigenze dei lavoratori: il 56a% punta sul lavoro flessibile, il 37% promuove la crescita professionale dei giovani soci, il 16% favorisce la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per le donne (asili nido in azienda, banche delle ore), l’8% strumenti di welfare integrativo, il 7% meccanismi di supporto per i lavoratori immigrati. Coop molto «local» ma poco «global»: generalmente non sono molto orientate a operare sui mercati esteri: solo il 7% esporta e il 2% è impegnato in alleanza con imprese straniere. Il primato è nell’agroalimentare. Luigi Marino, presidente di Alleanza delle cooperative, sottolinea la crescita straordinaria: «Solo 40 anni fa – ricorda – le cooperative italiane erano 10 mila e occupavano 200 mila persone, oggi sono 80 mila e danno lavoro a un milione 350 mila persone. Le cooperative tengono bene, nonostante gli attacchi politici all’ordinamento civilistico e fiscale. I cooperatori vogliono lavorare per un’Italia migliore. E senza cooperative, in molti settori il Paese sarebbe preda di conquista dei grandi investitori stranieri».