mercoledì 31 ottobre 2012
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Un indirizzo vincolante quello sancito dall’articolo 31 della Costituzione, dove si prescrive che la Repubblica, in tutte le sue articolazioni, agevoli con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei suoi compiti. Lo ha affermato il presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli, sottolineando che l’entità di tale intervento deve essere «ragionevole», cioè non basata solo sui fondi dedicati, ma sulle reali risorse dello Stato e «proporzionata» alle esigenze reali dei nuclei con figli. «Non si può trattare di una nullificazione, di un p.m. (per memoria) – ha insistito – cioè "si vedrà di intervenire quando sarà possibile"». Perciò, ha argomentato il giurista, «le istituzioni non possono sottrarsi di fronte alle iniziative di proposta del Forum». La funzione dell’associazionismo familiare riveste, ha spiegato Mirabelli, un carattere pienamente «democratico» perché eccede il valore del settore di società rappresentato, «investendo valori costituzionali, un bene comune che interessa tutti, qualunque sia il vessillo ideologico per il quale si militi». «Nei confronti della famiglia si evince una Costituzione non attuata», ha aggiunto, sollecitando «misure mirate, meno parcellizzate destinate al sostegno delle famiglie». Il giurista, riprendendo la qualificazione data dal diritto alla famiglia – «principium urbis» e «seminarium rei publicae» – ha evidenziato la sua fondamentale funzione di coesione sociale. «La famiglia – ha osservato – è stata usata come ammortizzatore sociale, in una sorta di supplenza di provvedimenti ad hoc. Si è perso il suo valore aggiunto, che può essere considerato elemento propulsore della società e primo fattore di coesione sociale». Constatando la distribuzione a «macchia di leopardo» dell’attuazione delle politiche familiari, Mirabelli ha osservato che è compito dello Stato assicurare ovunque una soglia minima di garanzie. Nel concludere il convegno, il presidente del Forum Belletti ha indicato la via del superamento delle eterogeneità delle politiche tra le varie regioni «nel passaggio dal Welfare state alla Welfare society». Alcune amministrazioni infatti restano «legate alla concezione secondo cui l’intervento deve essere sempre pubblico, invece c’è bisogno di una dimensione plurale nella quale alle istituzioni sia affidato il compito di governance e di verifica di qualità dei servizi».
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