lunedì 2 marzo 2015
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Anticipazione dell'intervista su Avvenire martedì 3 marzo 2015 Marco Vitale, economista d’impresa di lungo corso oggi presidente del Fondo italiano di investimento, non sembra troppo ottimista sulla possibilità che il decreto di "riforma" delle banche popolari possa essere corretto nel corso del dibattito parlamentare. «L’attacco alle Popolari, perché di questo si tratta è, se lo collochiamo nella logica prospettiva, un attacco al concetto ed alla grande tradizione europea del credito cooperativo – spiega –. La povertà, contraddittorietà, erroneità, e falsità della maggior parte degli argomenti addotti per giustificare questo "insensato" o "troppo sensato" (dipende dagli obiettivo di chi lo propone) provvedimento, non ha bisogno di ulteriori illustrazioni dopo il limpido e fondato appello di Becchetti». Non possiamo sperare in una correzione di rotta in corso? «Non siamo di fronte ad un provvedimento tecnico da aggiustare in qualche modo, ma ad una scelta politica di fondo sul rapporto tra economia e democrazia. Chi ha ispirato questo provvedimento a un presidente del consiglio che, sperabilmente, non è molto consapevole e si limita a dare ascolto ai suoi amici, appartiene a quei talebani del mercato succubi di una filosofia che è quella che ci ha portato diritti alla crisi del 2008». «Questa filosofia si basa su alcuni pilastri: mercato innanzi tutto, ovunque, senza regole, senza limiti, senza confiteor; solo le grandi dimensioni contano soprattutto nelle banche e il fatto che le banche mondiali fallite e salvate nel 2008 e 2009, con i soldi dei contribuenti, fossero tra le più grandi del mondo, è un semplice incidente della storia; il capitale deve avere un potere forte e incontrastato su tutto e su tutti, sul lavoro, sulla competenza, sui governi. E chi non è d’accordo "peste lo colga"».
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