Lo sviluppo di nuovi impianti di generazione di energia rinnovabile in Italia resta troppo lento. «Quest’anno saranno allacciati alla rete impianti eolici e solari per circa 3 Gigawatt. Ancora pochi giorni fa il ministro Gilberto Pichetto-Fratin ricordava che dovremmo realizzare 70 Gw entro il 2030. Abbiamo otto anni, ma è chiaro che a questo ritmo è quasi impossibile». Toni Volpe è dal 2016 alla guida di Falck Renewables, la società di sviluppo, costruzione e gestione di impianti di energia rinnovabile che lo scorso novembre ha annunciato il nuovo nome con la graduale trasformazione da Falck Renewables a Renantis. Un cambiamento naturale dopo la cessione del controllo del gruppo a investitori istituzionali, di cui J.P. Morgan Investment Management Inc. è advisor: « Non essendoci più la famiglia Falck come azionista ci sembrava difficile continuare con il loro nome – spiega Volpe –. Il rebranding è stata l’occasione per riflettere sulla nostra missione aziendale: costruire un futuro migliore per tutti, attraverso l’innovazione e l’attenzione costante a tutti i portatori di interesse, che ci ha permesso di operare in territori diversi».
Oggi Renantis gestisce impianti rinnovabili per quasi 1,5 Gw di capacità tra Regno Unito, Italia, Stati Uniti, Spagna, Francia, Norvegia e Svezia. L’impressione è che aumentare la produzione da eolico e solare nel nostro Paese resti molto difficile.
Per il 2023 noi ci aspettiamo qualche miglioramento. Nonostante ci sia già un’ampia pipeline di nuovi progetti, ci sono ancora delle aree del Paese dove è possibile investire, ragionando in un’ottica di lungo termine. Noi ci auguriamo che ottengano la valutazione di impatto ambientale e poi l’autorizzazione progetti che abbiamo presentato negli anni passati. Abbiamo piani per parchi fotovoltaici a terra presentati nel 2019 ma ancora in attesa di autorizzazione. Complessivamente parliamo di circa 1,5 Gw. Da questo punto di vista ci aspettiamo un miglioramento.
Ci sono molte aspettative per il potenziale dell’eolico in mare. A che punto siamo?
Siamo nelle fasi iniziali. Abbiamo in cantiere sei progetti di eolico marino galleggiante in collaborazione con BlueFloat Energy tra Puglia, Calabria e Sardegna. Siamo allo studio dell’impatto ambientale, deve essere completata una serie di rilievi. Serviranno diversi anni, ragioniamo sul 2030, forse appena prima. Parliamo anche di tecnologie relativamente nuove, ma il potenziale è grande: solo i nostri progetti valgono circa 5,5 Gw di capacità dall’eolico marino. In media con un Gw di capacità si generano 3,4 TWh all’anno, l’equivalente dei consumi di 960mila famiglie. Con 5,5 Gw si può coprire circa il 5% del consumo annuo di elettricità in Italia.
Il parco agrivoltaico di Falck Renewables a Landolina, vicino a Siracusa - Falck Renewables
È possibile accelerare sullo sviluppo dell’eolico marino?
Chiaramente prima di tutto dipende da quando arrivano le autorizzazioni. Consideriamo che sono impianti che richiedono un po’ di tempo per la costruzione. Sarebbe importante riuscire a creare una catena di fornitura sul territorio attraverso una logica di rapporto pubblico-privato, con diverse aziende coinvolte. Questo tipo di progetti richiede più infrastrutture, non ci sono solo le turbine: parliamo di interventi sui porti, realizzazione di interconnessioni. Si tratta di un’opportunità strategica per il Paese che va affrontata a livello di sistema e che può creare un indotto significativo.
Il governo sta preparando le linee guida per l’agri-voltaico. Cosa vi aspettate?
A Scicli, nel Ragusano, abbiamo completato da poco un parco solare da 9,7 Mw, su un’area di 22 ettari, di cui circa 20 destinati a essere utilizzati anche per l’agricoltura o l’allevamento. Il progetto risponde ai requisiti per essere definito agrivoltaico e potrebbe rispondere anche a quelli per l’agrivoltaico incentivabile, ma siamo in attesa di una definizione degli standard tecnici interpretativi che saranno emanati al fine di rendere applicabili le linee guida. Noi per il solare a terra adottiamo sempre l’approccio del doppio investimento, cioè generazione di energia e riqualificazione agricola, se questo permetterà anche di avere accesso agli incentivi meglio, ma noi andremo avanti comunque.
La tassa sugli extra-profitti vi ha spinto a rivedere gli investimenti?
Ha reso meno prevedibile lo scenario per un investitore di lungo periodo come noi. Tasse di questo tipo sono arrivate in tutt’Europa e anche nel Regno Unito. Non ha frenato i nostri investimenti, ma certamente fa riflettere sulla prudenza necessaria a questo settore. Sono giuste misure straordinarie contro il caro-vita, sarebbe l’ideale introdurle con una maggiore pianificazione dei contributi ordinari e straordinari richiesti, così da togliere l’incertezza e permettere la necessaria pianificazione.