Tutti contro tutti, in un marasma di cifre, accuse senza prove precise, smentite e incertezze. Lo scandalo delle emissioni truccate dei motori diesel della Volkswagen negli Stati Uniti sembra allargarsi ogni giorno di più. Senza nessuno che al momento riesca a fare chiarezza su una materia complicata e così ricca di tecnicismi. L’unico dato di fatto innegabile è l’allargamento geografico della vicenda – o almeno delle accuse – ad altri marchi e soprattutto all’Europa. Particolare che cambia completamente lo scenario, considerando che i veicoli alimentati a gasolio negli Usa rappresentano solo il 3% del mercato, mentre nel nostro Continente costituiscono il 56% dell’attuale parco circolante. Il ministro dei Trasporti tedesco Alexander Dobrindt infatti ha confermato che anche nel Vecchio Continente sono stati venduti veicoli diesel 1.6 e 2.0 litri con la centralina “taroccata”. Proprio mentre da Verona l’amministratore delegato di Volkswagen Italia, Massimo Nordio, rispondeva al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, spiegando che mentre i veicoli con motori diesel Euro 6 sono tutti rispondenti alla normativa europea per i gas di scarico e sono dunque «totalmente estranei al caso», per le altre motorizzazioni a gasolio «la Casa madre sta lavorando a pieno ritmo per comprendere se le anomalie riscontrate all’estero possano riguardare tecnologie utilizzate anche su autoveicoli in vendita o circolanti sul territorio italiano». L’altra novità è il coinvolgimento di almeno altri due marchi: Seat (che fa parte comunque della galassia Volkswagen) e soprattutto Bmw, che secondo le rivelazioni di un organo di stampa tedesco avrebbe prodotto e venduto in Europa un suo modello (la X3Drive 2.0 diesel) con emissioni 11 volte superiori ai limiti imposti dalle norme sulle Euro 6. Una denuncia che è bastata a far perdere il 5,15% al marchio bavarese alla Borsa di Francoforte. L’incertezza sul settore auto ha spinto al ribasso tutti i mercati europei (Milano ha chiuso a -2,31%) e non ha risparmiato Fiat-Chrysler che ha perso terreno arrivando a chiudere sui minimi di giornata a 11,32 euro (-7,5%). Le vetture Bmw, spiega
Auto Bild nella sua denuncia, sarebbero state testate dall’International Council on Clean Transportation, la stessa organizzazione dai cui rilievi è stata scoperta la truffa messa in atto da Volkswagen, e che avrebbe trovato dati anomali anche in questo caso. Immediata la replica di Bmw: «Nelle nostre vetture non c’è nessun sistema che possa manipolare i test in modo diverso di quanto non succeda su strada – si è difesa in una nota –. Bmw rispetta le regole in ogni Paese, e i test Epa sui nostri veicoli hanno anzi mostrato il regolare rispetto dei limiti di inquinamento. Non siamo inoltre a conoscenza dei risultati del test menzionati da Auto Bild». Diverso il discorso per Seat. Il marchio spagnolo controllato dal gruppo Volkswagen, ha ammesso ieri che alcuni dei suoi modelli sono stati equipaggiati negli ultimi anni con i motori diesel tipo EA189, finiti sotto inchiesta per la manomissione delle emissioni. Il quotidiano
El Pais ha parlato di più di mezzo milioni di vetture Seat equipaggiate con i motori sotto accusa. L’attuale gamma invece – ha precisato la Casa spagnola – non utilizza i motori indagati, avendo adottato la nuova generazione del propulsore 2.0 TDI che risponde alle normative Euro 6. Volkswagen ha promesso per oggi la pubblicazione dei nomi dei responsabili di tutta la drammatica vicenda che sta costando all’azienda miliardi di euro in capitalizzazione e danno d’immagine. E insieme l’indicazione di tutti i modelli interessati dalle manomissioni. Tutto questo paradossalmente accade proprio mentre il Dow Jones Sustainability Indices (DJSI), forse il più autorevole in materia, indica il gruppo Volkswagen come «il migliore del pianeta », tra le case automobilistiche, per sostenibilità economica, sociale e perfino ambientale ». Insomma, un caos assoluto. Alimentato dagli annunci delle class action che i consumatori di molti Paesi del mondo starebbero preparando. Al momento sarebbero almeno 25 solo quelle già presentate negli Stati Uniti, ma secondo alcuni analisti all’azione legale di gruppo potrebbero partecipare potenzialmente tutti i proprietari degli 11 milioni di veicoli coinvolti. Portando a cifre inimmaginabili (e letali per Volkswagen) il livello del risarcimento eventualmente richiesto al colosso di Wolfsburg.