Ultima chiamata per i lavoratori della vecchia Alitalia, dal 2017 in amministrazione straordinaria. La compagnia di bandiera dalle cui ceneri nel 2021 è nata Ita Airways ha ancora “in pancia” un discreto pacchetto di lavoratori in esubero. Una lunga cassa-integrazione, più volte prorogata, con il tentativo, riuscito solo in parte, di favorire un’uscita soft tra pensionamenti e ricollocamenti nella stessa Ita. A distanza di anni, dai settemila iniziali, sono oltre duemila i lavoratori rimasti impigliati nella rete (sicuramente “dorata” rispetto ad altre categorie) degli ammortizzatori sociali. Il capolinea però è ormai vicino. L’ultima proroga, strappata dai sindacati nel mese di settembre, scadrà infatti il 31 dicembre. Poi scatterà il tanto temuto licenziamento collettivo.
Venerdì scorso Alitalia ha avviato la procedura di licenziamento per 2.059 dipendenti: riguarda tra gli altri 1.170 assistenti di volo, 82 piloti e 100 addetti alla manutenzione degli aerei. Dopo il licenziamento avranno diritto, come tutti coloro che perdono il lavoro alla Naspi. Non è escluso un intervento del Fondo di solidarietà per il trasporto aereo (finanziato da compagnie e lavoratori) che potrebbe integrare l’assegno sino all’80% della retribuzione lorda come già avvenuto per la cigs.
I lavoratori che verranno licenziati provengono quasi tutti dalla ex compagnia. Una parte residuale da Alitalia City Liner, compagnia regionale sussidiaria fondata nel 2006 con sede a Fiumicino. La stragrande maggioranza risiede tra Roma e il Lazio: ben 1715 lavoravano a Fiumicino. Altri 300 erano in servizio tra Linate e Malpensa. Nella lettera inviata ai sindacati e ai tre ministeri competenti (Lavoro, Trasporti e Mimit) la società sottolinea che «allo stato attuale, nessun ulteriore strumento previsto dalla legge è adottabile in via negoziale per fronteggiare eccedenze di personale» e che le condizioni dell'azienda non consentono «l'attuazione di interventi di altro genere sull'utilizzazione del personale».
Alitalia ha convocato i sindacati per domani per fare il punto della situazione. La Fit-Cisl ricorda che la proroga della cassa straordinaria sino a dicembre è stata una vittoria dei sindacati ed è pronta a mettere sul tavolo un’ulteriore contro-proposta. Vale a dire il raddoppio della Naspi, l’indennità di disoccupazione, da due a quattro anni. L’auspicio è che l’accordo tra Ita e Lufthansa, ormai arrivato al traguardo dopo qualche dissapore sull’asse Berlino-Roma, porti a un aumento dei passeggeri e ricavi. Da qui l’appello ad assumere il personale qualificato dell’ex Alitalia andando ad implementare il numero dei dipendenti Ita (attualmente 4800). A fare la loro parte però, sottolinea la Fit-Cisl «dovranno essere le compagnie che in seguito alla fusione e in nome della tutela della concorrenza, si vedranno assegnati gli slot, in particolare Easyjet che secondo indiscrezioni potrebbe aprire nuove basi a Linate e Fiumicino già a partire dal 2025, e avrebbe quindi bisogno di nuovo personale».
Prolungare la cassa integrazione straordinaria almeno di un anno e assumere il personale non solo in Ita ma anche in Atitech e Swissport, società alle quali sono andare le attività di manutenzione e quelle aeroportuali di terra è la richiesta che arriva dalla Cub Trasporti. L'ammortizzatore sociale, secondo il sindacato, servirebbe a realizzare i piani di sviluppo delle società frutto dello smembramento di Alitalia.
«Altro che rilancio e piena occupazione promessi in campagna elettorale dai partiti di maggioranza, per distinguersi dalle scelte di liquidazione della ex compagnia di bandiera italiana - sottolinea Antonio Amoroso, segretario nazionale -. D'altra parte non si vogliono ricollocare i lavoratori ma solo, come è stato nel 2014 per i 2251 licenziamenti sempre di Alitalia, eliminarli e sostituirli con manodopera ricattabile e a basso costo». La Cub Trasporti annuncia una mobilitazione permanente sino allo sciopero generale dei sindacati di base del 29 novembre, che coinvolgerà anche il comparto aeroportuale.