lunedì 12 luglio 2021
Il governo convoca per giovedì la multinazionale inglese Melrose. Il sindaco di Campi Bisenzio ha annunciato il blocco dell'accesso dei tir allo stabilimento per evitare che venga svuotato
La sede di Gkn di Campi Bisenzio (Firenze)

La sede di Gkn di Campi Bisenzio (Firenze) - Ansa

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Un'ordinanza che vieta ai mezzi pesanti di avvicinarsi allo stabilimento della Gkn, per evitare vengano portati via i macchinari, e l’annuncio della convocazione al Mise di un tavolo di confronto sul licenziamento dei 422 dipendenti.

Inizia una settimana cruciale a Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, dove la multinazionale inglese Melrose ha deciso di chiudere la fabbrica che produce da quasi trent'anni semiassi per le auto, dando avvio alla procedura di licenziamento collettivo. Un mossa a sorpresa, comunicata via e-mail venerdì scorso mentre tutti i dipendenti erano stati messi in permesso retribuito, contro la quale il territorio si è mobilitato con forza. In prima linea il sindaco Emiliano Fossi ieri ha firmato un’ordinanza comunale per impedire ai tir di entrare nello stabilimento e svuotarlo. «Voglio dare un segnale amministrativo e politico chiaro che non accettiamo lo smantellamento dello stabilimento da parte della proprietà – ha spiegato Fossi –. Stiamo vagliando tutte le possibilità per richiamare l'azienda, che si è comportata in modo così vile, alle proprie responsabilità ma la partita non si gioca sul campo del Comune, è una vicenda nazionale». Intanto all'interno della fabbrica va avanti l'assemblea permanente dei lavoratori, che ieri hanno chiesto solidarietà anche agli azzurri, iniziata venerdì sera dopo l'annuncio dei licenziamenti. I sindacati stanno preparando uno sciopero generale di solidarietà a livello provinciale. «C'è un presidio costante dei dipendenti – ha aggiunto il primo cittadino – che stanno portando avanti la loro legittima battaglia in modo dignitoso e corretto. C'è un continuo flusso di cittadini, che portano cibo e bevande ai lavoratori, ma anche dei rappresentanti istituzionali».

Dal governo intanto arriva un segnale altrettanto forte: la convocazione di un tavolo al ministero dello Sviluppo Economico. L’appuntamento è fissato per giovedì alle 15 in videconferenza, ha annunciato la sottosegretaria Alessandra Todde che presiederà l’incontro al quale parteciperanno il ministero del Lavoro, le organizzazioni sindacali, i rappresentanti di Gkn Firenze, Gkn Automotive e Melrose, la Regione Toscana e il sindaco di Firenze. Improbabile che il governo riesca a convincere la multinazionale (una situazione analoga è quella della Giannetti nel monzese di prorietà del fondo tedesco Quantum, che ha annunciato il licenziamento di 152 lavoratori lo scorso 3 luglio) a cambiare idea e che riveda quello sblocco dei licenziamenti scattato il 1 luglio per tutti i settori tranne quello del tessile. «Purtroppo è inevitabile che queste cose accadano, però non possono succedere in questo modo perché noi abbiamo in mente di "fare il west" non il "far west"» ha detto il ministro del Mise Giancarlo Giorgetti.

L’apertura del tavolo di confronto potrebbe servire ad individuare soluzioni alternative per lo stabilimento fiorentino. «Siamo al fianco della Regione e del governo per condividere azioni unitarie, anche un pressing forte sul gruppo industriale a cui fa riferimento la Fiat, principale cliente della Gkn» ha detto il sindaco di Firenze Dario Nardella. Tra gli obiettivi, condivisi con il governo, Nardella ha indicato una revisione di alcuni aspetti delle legislazione italiana «per prevedere penali più dure contro gruppi industriali che delocalizzano senza sufficienti ragioni. Non si può vivere in un'Europa unita dove per motivi di dumping fiscale e salariale si delocalizza da un paese all'altro». Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Regione Eugenio Giani secondo il quale dalla vicenda Gkn «dobbiamo trarre una lezione: la legislazione italiana deve cambiare, deve adeguarsi. In questo caso la logica che ha portato a dire "si chiude" non è una logica di produzione, è una logica finanziaria». In quale modo si possa agire sulle multinazionali che delocalizzano però è un rebus ancora tutto da chiarire. Per i sindacati la concorrenza dei paesi dell’Europa dell’Est dall’Ungheria alla Polonia, con politiche fiscali favorevoli alle imprese che arrivano dall’estero, produrrà effetti disastrosi.

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