martedì 28 febbraio 2012
Approvato in Commissione industria ​al Senato, con votazione bipartisanm l'articolo 5 bis. Per gli imprenditori virtuosi, in vista vantaggi nella concessione di finanziamenti pubblici.
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La novità è di quelle che fanno ben sperare, a iniziare dall’espressione scelta dal legislatore per designarla, basata per una volta su criteri etici e non finanziari. Si chiama rating di legalità e si trova nell’articolo 5 bis, aggiunto al decreto legge sulle liberalizzazioni, al termine dei lavori della Commissione industria del Senato. Il contenuto dell’articolo, proposto dai senatori del Pdl, Elisabetta Alberti Casellati e Alberto Asciutti, e approvato in maniera concorde dai commissari, affida all’Autorità garante della concorrenza e del mercato il compito di promuovere «l’introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali». A tal fine, l’Authority potrà «segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie», ma soprattutto «procedere, in raccordo con i Ministeri della Giustizia e dell’Interno, alla elaborazione di un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale». Di tale «rating», conclude la norma, si terrà conto «in sede di concessione di finanziamenti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario».Se l’attuale formulazione dell’articolo 5 bis dovesse superare il vaglio del Parlamento, toccherà pertanto all’Authority antitrust, insieme ai vertici del Viminale e di via Arenula, stilare i criteri necessari a compilare la lista delle imprese virtuose. Nell’attesa, va sottolineato come la norma approvata in Commissione industria abbia accolto numerose richieste, giunte dalla società civile, di stabilire criteri premiali per le aziende rispettose delle leggi. Lo aveva auspicato nei giorni scorsi il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, spiegando che «il rating serve: oltre a premiare la scelta dell’onestà, si andrà incontro alla sempre più stringente necessità di migliorare l’accesso al credito». Lo avevano ribadito i sindacati, chiedendo attraverso il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino, «un provvedimento convincente». E lo ha sottolineato più volte il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, ribadendo prima a Caltanissetta e poi, ieri, davanti alla Commissione parlamentare antimafia, la necessità di valorizzare le «imprese etiche». È necessario, ha aggiunto, «intervenire sugli aspetti di moralizzazione della vita civile» e bisogna «fare in modo che in Italia, al pari di altri Paesi europei, assurgano a rilievo penale le condotte corruttive tra privati, anche in quella specifica forma rappresentata dal cosiddetto traffico di influenza».Insomma, il rating di legalità pare figlio di una felice e provvida convergenza di vedute, di quelle che raramente si verificano nel nostro Paese. Non resta che attendere che il Parlamento l’approvi e le istituzioni competenti lo attuino, perché l’importante, per dirla col presidente degli industriali Marcegaglia, «è che questa idea, sulla quale c’è un consenso unanime della politica, diventi realtà».​
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