Via libera da Bruxelles alla Legge di stabilità. Se già venerdì si era capito, con l’annuncio di Matteo Renzi, dopo il Consiglio Europeo, di un accordo con la Commissione Europea, ieri sera è arrivato l’atteso "responso". Un responso giunto in anticipo rispetto al termine massimo (oggi), e che consiste semplicemente nella rinuncia di Bruxelles a emettere un’opinione negativa con procedura d’urgenza sulla legge italiana. Lo stesso vale, per la cronaca, per la Francia e gli altri Stati oggetto di missive di chiarimento (Austria, Malta e Slovenia). Riferendosi alle consultazioni «condotte nelle ultime due settimane con alcuni stati membri» in una nota il commissario uscente agli Affari economici Jyrki Katainen afferma che, «dopo aver tenuto conto delle ulteriori informazioni e miglioramenti comunicatici negli ultimi giorni, non posso immediatamente identificare casi particolarmente gravi di mancata ottemperanza, che ci avrebbero obbligato a considerare una opinione negativa a questo stadio del processo». Tradotto: la Legge di stabilità non è più considerata in «significativa deviazione» rispetto agli impegni italiani secondo il Patto di stabilità. È di fatto l’ultimo atto della Commissione guidata da José Manuel Barroso, la palla passa al nuovo esecutivo Ue che da sabato sarà guidato da Jean-Claude Juncker. Sarà la sua squadra – nella fattispecie il commissario entrante agli Affari economici Pierre Moscovici congiuntamente al vicepresidente all’Euro Valdis Dombrovskis – a dover poi emettere, nel corso del prossimo mese, l’opinione "ordinaria" sulle legge italiana come su quelle di tutti gli altri Stati membri dell’eurozona. Non che, certo, tutti i dubbi siano fugati, rilievi saranno probabili, soprattutto sul fronte delle coperture – un anticipo sarà nelle previsioni economiche d’autunno che saranno pubblicate la prossima settimane – ma è ovviamente tutt’altra cosa rispetto a una "bocciatura".Certo è che ha molto aiutato la scelta di Italia e Francia di evitare lo scontro frontale con Bruxelles, non a caso Katainen nella nota ha espresso «compiacimento per il fatto che gli Stati membri hanno risposto in modo costruttivo alle nostre preoccupazioni». Per l’Italia a tranquillizzare la Commissione, nel corso di negoziati intensissimi, è stata la correzione formalizzata dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan nella sua risposta ufficiale a Bruxelles di lunedì scorso. Una correzione, lo ricordiamo, che porta lo sforzo di aggiustamento strutturale (al netto di fattori ciclici e una tantum) per il 2015 dallo 0,1% del Pil originariamente previsto dal governo allo 0,3% (inizialmente Bruxelles aveva chiesto lo 0,7% ma poi, di fronte alla recessione, aveva chiesto lo 0,5%). Insomma il famoso "tesoretto", pensato da Padoan apposta per l’Ue, da 3,4 miliardi di euro (oltre lo 0,2% del Pil) si è rivelato provvidenziale per placare i timori di Bruxelles sulla "deviazione" italiana. La "vittoria", se così si può dire, è peraltro ancora più netta per la Francia: Bruxelles, almeno per ora, ha di fatto "ingoiato" il terzo rinvio del rientro del deficit sotto il 3% del Pil dal 2015 al 2017 (anche se sarà bene leggersi l’opinione di novembre) in cambio però dell’impegno del ministro delle Finanze Michel Sapin per misure aggiuntive da 3,7 miliardi di euro per portare l’aggiustamento strutturale nel 2015 dallo 0,2% inizialmente previsto da Parigi allo 0,5%. La partita, comunque, non è chiusa: "possibili passi ulteriori – avverte infatti Katainen nella nota – nel quadro del Patto di stabilità saranno valutati più in là, tenendo conto delle previsioni economiche d’autunno e delle opinioni sulle leggi di bilancio». Il sollievo è comunque grande, a Bruxelles e nelle capitali coinvolte ma anche a Berlino: il compromesso ha salvato la facciata delle regole evitando un pericoloso scontro frontale.