sabato 4 luglio 2015
​Ad Atene annunci e scontri. Soldi sino a lunedì. Referendum confermato, sondaggi in parità. Scontri manifestanti-polizia. Tsipras: taglio del debito del 30%.
Gli errori sul debito greco mettono in scacco l'euro
L'ANALISI Quei pochi centimetri di distanza
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«L’unica possibilità per la Grecia tuona Alexis Tsipras da piazza Syntagma piena all’inverosimile di folla - è un taglio del 30% del debito e un periodo di grazia di venti anni. Per questo vi chiedo di dire 'no' agli ultimatum, ai ricatti e alla campagna della paura». Si chiudeva così ieri sera la campagna referendaria con due manifestazioni parallele, quella del 'no' davanti al palazzo del Parlamento e quella del 'sì' poco distante. E pazienza per quel drappello di incappucciati nerovestiti (antagonisti e anarco-insurrezionalisti, l’ala radical che fiancheggia Syriza ma che ora teme possa cedere) che ha tentato di sfondare il cordone di polizia che proteggeva il premier: in questa ennesima mano di poker fra il governo e i creditori internazionali la posta si è drammaticamente alzata e l’azzardo ancora di più. Chi si aspettava uno Tsipras conciliante e fiducioso nel buon esito del lungo braccio di ferro è accontentato. E nella guerra di nervi e di parole a trentasei ore dall’apertura delle urne (ora che il Consiglio di Stato ne ha riconosciuto la legittimità del referendum), c’è posto per le sortite ormai quasi surreali del ministro Varoufakis, che si affretta a precisare che «anche in caso di vittoria dei 'no', un accordo con i creditori sarà comunque possibile ». Non meravigliamoci: duemilacinquecento anni fa Aristofane metteva in scena la commedia Le Nuvole, nella quale il contadino Strepsiade perseguitato dai creditori si rivolge a Socrate, maestro di ogni sofisma che insegna agli sprovveduti come misurare il salto della pulce e come prevalere nelle contese dialettiche anche quando si è in torto evidente. Ma il 'salto della pulce' diVaroufakis non convince affatto l’Europa. «La situazione è notevolmente peggiorata, eventuali, nuovi negoziati con la Grecia richiederanno del tempo», dice il superfalco tedesco Schaeuble, seguito a ruota dal presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem, secondo il quale «comunque vada, il futuro della Grecia sarà estremamente duro: per rimettere il Paese in marcia e far uscire l’economia dalla recessione dovranno essere prese decisioni difficili e chi dice che non sarà così in caso di vittoria del 'no' sta ingannando la sua gente». Anche il presidente della Commissione Europea Juncker non esita a rendere pubblico il suo endorsement per il 'sì': «Se i greci voteranno no, la posizione greca ne sarà drammaticamente indebolita». In molti pensano che questa girandola di dichiarazioni altro non sia che pre-tattica per convincere quel 12% di indecisi che ancora non sanno se mettere una croce su  Oxi o su Nai, se cioè dar ascolto alla voce dell’orgoglio ferito e alla rivincita sull’austerity oppure riconoscere che la rivolta di Spartaco-Tsipras è naufragata nell’illusione di piegare un’Europa che si pensava imbelle e timorosa e che si è viceversa rivelata arcigna e inflessibile.  I sondaggi fino ad ora mostrano una fragile parità: nell’ultimo rilevamento realizzato dall’istituto Alco appare lievemente in vantaggio il partito dei favorevoli alla proposta dei creditori. Secondo il sondaggio pubblicato dal quotidiano Ethnos  i 'sì' sono il 44,8% mentre i contrari si fermano al 43,4%. «Non è ancora chiara la situazione, ma le notizie delle ultime ore - commenta l’arcivescovo cattolico di Atene monsignor Sevastianos Rossolatos raccontano di una divisione della società. Le associazioni filo governative chiedono di votare 'no', ma la stragrande maggioranza dei media spinge per il 'sì'ed è l’unica soluzione ragionevole, perché fuori dall’euro sarebbe il caos più completo». Ma ad influenzare entrambe le fazioni ci sta pensando la sempre più estesa catena di bancomat a secco, non più in grado di assicurare neppure quei 60 euro giornalieri previsti dalla Banca centrale greca, mentre le autorità bancarie fanno sapere di disporre di «un cuscinetto di liquidità di circa un miliardo bastevole fino a lunedì. Poi dipenderà dalle decisioni della Bce».  Ma il fronte del 'sì' ha un formidabile alleato nella vasta armata dei media locali, praticamente tutta schierata a favore del compromesso con i creditori. «Il silenzio assoluto di Samaras e del Pasok - mi spiega Alexis Johannidis, informatissimo broker e buon conoscitore della nomenklatura di Nea Demokratia - parla da sé: danno per spacciato Tsipras e in forte caduta Syriza e si preparano a guidare un governo di unità nazionale. Per interposta persona, naturalmente, perché la faccia loro ce l’hanno già messa a suo tempo e l’hanno clamorosamente perduta. Ma la disperazione fa miracoli...» Anche quello di una provvidenziale amnesia. Sul muro di una casa di Kolonaki è comparsa una scritta in caratteri latini: ALEXIT TSIPRAS. 
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