La normativa sui licenziamenti economici sarà riformulata per evitare la possibilità di abusi o discriminazioni da parte delle imprese. Il governo rassicura Pd e sindacati sull’articolo 18. Ma non fa marcia indietro. Resterà esclusa infatti, la possibilità del reintegro del lavoratore in caso di licenziamento economico ingiustificato. Niente «modello tedesco» dunque, come molti chiedevano. Secondo le ipotesi che circolano, la riscrittura si limiterà a chiarire in maniera esplicita che il giudice chiamato a pronunciarsi sulla legittimità del licenziamento economico deve anche accertarsi che questo non nasconda motivazioni diverse, cioè disciplinari o discriminatorie. Una modifica che di sicuro non accontenterà tutti. Oggi si riunisce il Consiglio dei ministri che varerà il provvedimento con la formula «salvo intese»: in pratica il testo non sarà ancora definitivo ma non dovrà più passare in Cdm. Sarà probabilmente un ddl delega, mezzo più "malleabile" del decreto. Il presidente del Consiglio è tornato sul nodo dell’articolo 18 aprendo ieri pomeriggio la riunione conclusiva con le parti sociali sulla riforma, dedicata poi tutta all’esposizione da parte del ministro Elsa Fornero dei capitoli che riguardano le forme contrattuali e gli ammortizzatori. «Abbiamo percepito una diffusa preoccupazione – ha detto il premier – che il binario dei licenziamenti economici possa essere abusato con aspetti di discriminazione. Il governo si impegna affinché questo rischio non si verifichi perché è nostro dovere evitare discriminazioni con un minimo di attenzione alla stesura e su questo mi impegno», ha affermato.Mentre si registrano le prime proteste nelle fabbriche ieri tutti i sindacati hanno chiesto di rimettere mano all’articolo 18. Non solo la Cgil, che già mercoledì aveva annunciato lo sciopero generale. L’Ugl ha espresso il proprio dissenso al tavolo, la Cisl è intervenuto con una dichiarazione del segretario Raffaele Bonanni poco prima del vertice di Palazzo Chigi: «La Cisl vuole cambiare la norma sui licenziamenti economici e fare una riforma del lavoro credibile. È quello su cui ci stiamo impegnando in queste ore. Anche noi vogliamo il modello tedesco», ha affermato il sindacalista. La Uil aveva già sospeso il giudizio in attesa di modifiche.Ma a riaprire in qualche modo una partita che martedì sera Monti aveva dato per «chiusa» è stato soprattutto l’altolà arrivato l’altra sera dal leader del Pd Pierluigi Bersani. Si capirà oggi se la rivisitazione della norma sui licenziamenti economici sarà sufficiente per fugare le preoccupazioni dei democratici, che comunque hanno già annunciato emendamenti alla riforma. È escluso che la correzione possa accontentare la Cgil: il sindacato guidato da Susanna Camusso chiede venga prevista la possibilità di rientegrare il lavoratore, «l’unico modo di evitare abusi», ha spiegato una nota, «altrimenti si conferma l’obiettivo di rendere più facili i licenziamenti». Lo scontro sull’articolo 18 non è destinato quindi a chiudersi in fretta. Anche perché sul fronte opposto Confindustria chiede al governo di non fare marcia indietro.Quanto al resto della riforma il ministro Fornero ha confermato le altre novità sulle quali, ha detto, «tutti sono d’accordo»: dalla stretta sulle tipologie contrattuali a maggior rischio di precarietà, al nuovo sistema di ammortizzatori sociali, con l’arrivo già dal prossimo anno della nuova Aspi (a regime nel 2017), un assegno di disoccupazione il cui importo sale dal 70 al 75% dell’ultimo stipendio. Ci sarà anche una mini-Aspi, una sorta di assegno a requisiti ridotti (bastano 3 settimane di lavoro in un anno) e un fondo di solidarietà per dare ai lavoratori anziani disoccupati uno «scivolo» per arrivare alla pensione. Tra le altre novità i limiti agli stage gratuiti nelle aziende, e una norma contro le dimissioni in bianco per tutelare soprattutto le lavoratrici.