Sì definitivo dell'Aula della Camera al decreto legge Fare. Il testo è stato approvato con 319 sì, 110 no e 2 astenuti. Il provvedimento prevede anche il taglio del 25% ai compensi degli amministratori delle Spa non quotate controllate dalle pubbliche amministrazioni, che non rientrano nel tetto dei 302mila euro previsti dal decreto Salva-Italia. Oltre ad ampliare le regole di accesso al Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, il decreto introduce un finanziamento agevolato per le aziende che vogliono rinnovare macchinari e impianti ad uso produttivo. Il meccanismo si basa su un plafond di 2,5 miliardi - incrementabile fino a 5 - istituito presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti, che fornirà la provvista alle banche.Per finanziare sconti in bolletta la Robin Hood Tax, l'addizionale Ires sugli extra-profitti, viene estesa alle imprese energetiche di dimensioni minori, con un volume di ricavi superiore a tre milioni di euro e un imponibile di oltre 300mila euro.Il decreto mobilita investimenti in infrastrutture per un totale di circa tre miliardi di euro. Il grosso deriva dal fondo di 2,03 miliardi (per il quadriennio 2013-2017) istituito al ministero delle Infrastrutture e che servirà a garantire la continuità dei cantieri in corso o l'avvio di nuovi lavori.Scende a 200 da 500 milioni il valore minimo delle infrastrutture per le quali è previsto il regime di defiscalizzazione parziale.Sempre in campo tributario, il decreto limita i poteri di Equitalia per venire incontro alle esigenze dei contribuenti in difficoltà. La possibilità di rateare il pagamento delle imposte è ampliata fino a 120 rate (da 72) e sale a otto da due il numero minimo di rate non pagate, anche non consecutive, a partire dal quale il debitore decade dal beneficio della rateizzazione.Inoltre, il governo ha stabilito l'impignorabilità della prima e unica casa a fronte di debiti iscritti a ruolo, ad eccezione dei casi in cui l'immobile sia di lusso o comunque classificato nelle categorie catastali A/8 e A/9 (ville e castelli).Novità anche sulla Tobin tax, la tassa sulle transazioni finanziarie introdotta dal precedente governo di Mario Monti. Il primo versamento slitta al 16 ottobre per tutte le tipologie di attivi sottoposti all'imposta. Da questa misura il ministero dell'Economia si attende un gettito di circa un miliardo l'anno. L'offerta di accesso a Internet tramite reti Wi-fi nei negozi e nei locali non richiederà più l'identificazione degli utenti.
L'ECONOMIA DIGITALESi ripongono grandi speranze nel decreto del Fare e in quello sul Lavoro, varato ieri. La liberalizzazione del wi-fi, la banda larga e l’applicazione dell'Agenda digitale possono costituire dei buoni inizi in grado di attirare investitori, capitali e incrementare l’occupazione. Mentre sarebbero oltre 190mila (di cui 54mila operanti nel Mezzogiorno) le piccole e medie imprese orientate a utilizzare gli incentivi per assumere giovani a tempo indeterminato nei prossimi 12 mesi. Si tratta del 13% delle Pmi fino a 49 addetti. Lo comunica il ministero del Lavoro, secondo cui questo è il principale dato che emerge da una rilevazione eseguita dall’Unioncamere nell’ambito dell’indagine trimestrale Excelsior.Da sottolineare come le misure anticrisi previste dai decreti tengano sempre più in considerazione una ripresa che passa dall’economia digitale e legata a Internet. Lo sostiene perfino un’indagine dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (Ocse),
Internet economy outlook 2012, che afferma come il valore generato dalle aziende e attribuibile al web potrebbe giungere fino al 13%; mentre il settore ha assorbito il 50% di tutte le operazioni di
venture capital nel 2011. In Italia i valori sono sensibilmente inferiori, eppure decisamente interessanti se li si valuta nell’ottica delle potenzialità di crescita ancora inespresse. Più di 800mila sono gli addetti delle imprese digitali italiane, quasi uno su tre è lombardo (28,4%). Tre addetti su quattro lavorano a Milano (21% del totale nazionale). Al secondo posto Brescia (5,8%) e al terzo Bergamo (4,8%). È quanto emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro imprese al I trimestre 2013, presentata in occasione della diffusione della ricerca di Assinteldigitale. In generale, 230mila è il numero dei soggetti censiti, di cui 173mila sono a pieno titolo nuove imprese digitali e si muovono nei servizi web,
mobile e
internet of things, nel software e big data, nella consulenza, nei nuovi media sociali, nel design, nelle produzioni multimediali e nel
digital entertaiment, nel finance 2.0. Sono soprattutto piccole imprese di under 35.In uno studio dal titolo
Fattore Internet, realizzato da The Boston Consulting Group, si sostiene anche che il contributo che Internet fornirà al nostro Paese nel 2015 oscillerà tra il 3,3% e il 4,3% del Pil. Si stima, inoltre, che l’Internet economy registrerà una crescita annua compresa tra 13% e 18% da qui al 2015, raggiungendo un valore di 59 miliardi di euro, una cifra quasi doppia rispetto ai 31 miliardi di euro del 2010. Se un numero maggiore di imprese riuscisse a intercettare anche solo una parte di questo potenziale si aprirebbero nuove opportunità anche in tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo oggi. Le aziende attive su Internet infatti fatturano, assumono ed esportano di più e sono più produttive di quelle che su Internet non sono presenti. Le Pmi attive in rete hanno infatti registrato una crescita media dell’1,2% dei ricavi negli ultimi tre anni, rispetto a un calo del 4,5% di quelle offline e un’incidenza di vendite all’estero del 15% rispetto al 4% delle offline.Secondo il rapporto
Crescita Digitale, a cura di Marco Simoni, docente della London School of Economics, la diffusione di Internet ha un impatto positivo “puro” sull’occupazione, soprattutto su quella giovanile, indipendentemente da altre concause, come la crescita economica, il livello di tassazione sul lavoro, il cambiamento della competitività internazionale. I risultati ottenuti mostrano che in un ipotetico Paese medio, l’aumento della diffusione di Internet del 10% comporta un aumento dell’occupazione complessiva di 0,44 punti percentuali e un aumento dell’occupazione giovanile di 1,47 punti percentuali. Il rapporto riferisce che gli effetti occupazionali di Internet si amplificano se, nel contempo, cresce il capitale umano del Paese: crescono cioè i livelli di formazione volti alla creazione di una cultura digitale e allo stesso tempo vengono implementate politiche per far crescere l’ecosistema digitale nel suo complesso. Tornando alla rilevazione Unioncamere, le imprese esportatrici sono più propense ad utilizzare gli incentivi (22%) rispetto a quelle non esportatrici (12%), così come quelle innovatrici, il 23% delle quali prevede di volerne usufruirne, a fronte di una quota del 12% di quelle non innovatrici. Considerando solo le imprese da 1 a 49 addetti che contano di utilizzare gli incentivi previsti dalla nuova normativa, il 38% afferma che, in mancanza di essi, non procederebbe ad alcuna assunzione (percentuale che sale al 39% per le imprese del Mezzogiorno).
Maurizio Carucci