Paolo Viana
«Il problema dell’acqua non va ideologizzato. C’è pubblico efficiente e non, c’è privato efficiente e non, ci sono società miste efficienti e non. L’importante è garantire una buona gestione del servizio e offrire la migliore qualità alla minore tariffa possibile per i cittadini». Il professore Lanfranco Senn, economista della Bocconi e presidente di Metropolitana Milanese, la Spa al 100% del Comune di Milano che gestisce il servizio idrico del capoluogo lombardo, non difende lo status quo e non è pregiudizialmente contrario all’ingresso dei privati previsto dalla Legge Ronchi. E va oltre, aprendo anche agli enti non profit: «Sarebbe una clamorosa innovazione nel sistema».Professore, ma c’è davvero la necessità di far entrare i privati in un bene pubblico come l’acqua?Da sempre la gestione pubblica dell’acqua, anche in altri Paesi, è problematica. Dove il pubblico ha fallito, il ruolo dei privati può dare un contributo significativo all’efficientamento di molte imprese di servizio. Dobbiamo allontanarci dall’idea che "pubblico" voglia dire proprietà o gestione pubblica. Pubblico significa che è un servizio per il pubblico, per la gente e le imprese. Se in premessa viene salvaguardata l’idea del valore della risorsa acqua come fondamentale, arriverei a dire che è indifferente il fatto che la gestione sia pubblica o privata. Ma non è questo il problema.E qual è allora?È di gestione e impostazione del servizio: dare una risposta adeguata ai cittadini, con un’acqua che abbia la tariffa più bassa possibile e la qualità più alta. Le due cose non sono sempre facilmente coniugabili. Il tema della governance si lega a questo.Mirare al risultato anche con percorsi diversi?Esattamente. Prendiamo due esempi: Milano e l’Acquedotto pugliese. Noi abbiamo la fortuna di pompare l’acqua dal sottosuolo, in Puglia sono costretti a portare l’acqua anche da centinaia di chilometri di distanza. Gestioni ed esigenze diverse.Milano è riuscita nell’obiettivo...A Milano abbiamo la tariffa più bassa d’Europa: 0,55 cent a metro cubo. A Parigi si pagano quasi 3 euro, a Berlino 4. E garantiamo un’altissima qualità, perché abbiamo investito nelle tubature, nella manutenzione e nei controlli per 130 milioni negli ultimi 5 anni. E prevediamo di spenderne oltre 150 nel prossimo triennio.Ma la riforma porterà aumenti?È probabile. Perché se si chiede ai privati di investire, inevitabilmente devono rientrare dall’impegno finanziario e garantirsi una componente di reddito propria. Ma oggi fare investimenti e nello stesso tempo garantire un servizio di qualità a basso costo è problematico anche per il pubblico.Quali sono i nodi critici da affrontare?Paghiamo un’arretratezza di investimenti a tutti i livelli. Ma che li faccia poi il pubblico o il privato, sotto certe condizioni, è indifferente. Anche se sono per tenere sempre una componente pubblica. La Legge Ronchi prevede che imprese in house come Milano vendano il 40%, rimanendo con una maggioranza pubblica: questo non mi vede contrario per principio.Però?C’è un problema di applicazione. Se è vero che ci sono in Italia situazioni virtuose e altre viziose, è fondamentale che si correggano i vizi e si esaltino le virtù. La generalizzazione è sempre un errore. Quello che contesto è l’applicazione automatica per tutti. Perché per Mm la soluzione pubblica è stata vincente.Altra questione: gli Ato.L’esperienza non è stata esaltante. Ci si è scontrati con molte difficoltà. Ma se l’Ato funziona realmente come regolatore, può diventare virtuoso. Ancora di più in un processo di privatizzazione.Ma fra gli azionisti è ipotizzabile l’ingresso del non profit?È una delle tesi che da economista sostengo. Se riuscissimo a far gestire molti servizi da enti o fondazioni non profit, si raggiungerebbe anche l’obiettivo di internalizzare gruppi di interessi anche contrapposti, come utenti, imprese e politica, in maniera non conflittuale. Rispondendo alle esigenze di flessibilità istituzionale senza ideologizzare o contrapporre il pubblico al privato. In Galles, per fare un esempio, il servizio è gestito completamente da un ente non profit.Suggerimenti importanti, ma come si concretizzano?Dipenderà dai regolamenti attuativi, che vanno fatti presto e bene. Ammettendo formule di gestione più flessibili e diverse, per salvaguardare le esperienze più virtuose.
L’economista della Bocconi e presidente della Metropolitana Milanese Senn parla delle novità introdotte dal decreto Ronchi. «La differenza non è tra azionista pubblico o privato, ma nella capacità di garantire la qualità. Si deve tenere conto delle specificità territoriali».
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