giovedì 29 marzo 2018
La mobilitazione dei sindacati si estende in Veneto e Puglia. La grande distribuzione: le aperture sono un servizio ai consumatori e turisti
L'outlet di Serravalle sarà aperto anche a Pasqua ma con orario ridotto

L'outlet di Serravalle sarà aperto anche a Pasqua ma con orario ridotto

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Contrastare la logica del lavoro che non conosce soste e non riconosce il tempo della festa e della famiglia. Come da copione in occasione delle festività si riapre il dibattito sull’apertura 'continuativa' di centri commerciali, outlet e supermercati frutto della liberalizzazione varata nel 2012 dal governo Monti e diventata anno dopo anno più evidente con negozi e supermercati aperti anche nelle principali festività religiose come Natale e Pasqua. E mentre i sindacati protestano, la grande distribuzione insiste con le aperture in nome di una ripresa dei consumi e dell’occupazione. L’anno scorso a far scoppiare la protesta era stato l’outlet Serravalle, il più grande d’Europa, di proprietà della inglese McArthur Glen, che anche quest’anno conferma l’apertura a Pasqua sia pure con orario ridotto: negozi operativi per gli outlet Fidenza, Mondovicino e Torino. Aperto solo per il cinema e la ristorazione l’Oriocenter dopo le polemiche sull’apertura natalizia (il 25 e 26 dicembre) che è stata poi risolta appunto con una soluzione intermedia che ha coinvolto solo l’intrattenimento e non i negozi.

Di fatto però, secondo i dati di Federdistribuzione, la distribuzione organizzata resterà aperta. A conti fatti saracinesche alzate per il 19% degli aderenti. In particolare il 25% dei negozi di alimentari (il 13% con orario ridotto) e il 7% dei non alimentari. Per Pasquetta le aperture complessive saranno invece il 60% (il 68% per il settore alimentare e il 44% per l’abbigliamento). Una scelta obbligata secondo Federdistribuzione per far fronte all’avanzata dell’e-commerce, «una vetrina aperta 7 giorni su 7 e 24 ore su 24», ma anche alla profonda vocazione turistica del nostro Paese. «Le imprese associate a Federdistribuzione – si legge in una nota – non vogliono aperture indiscriminate, ma attuano scelte orientate dal buon senso. Nella giornata di Pasqua infatti sarà aperta solo una piccola fetta di negozi non alimentari (il 7%) e solo il 12% di quelli alimentari con orario continuato, soprattutto nelle città d’arte e turistiche ». Un servizio ai consumatori insomma, «le cui abitudini di acquisto e consumo stanno cambiando con grande rapidità». «I consumi si stanno riprendendo – afferma Mario Resca, presidente di Confimprese – con un tasso di crescita dei fatturati della grande distribuzione a febbraio del +1,4%. I turisti vengono a visitare le nostre città da tutto il mondo, ma noi non abbiamo nessuna politica sul turismo». Per Confimprese si tratta dell’«ennesimo controsenso di un Paese che ha dato il via al libero mercato, ma non si adegua alle esigenze del retail, che crea occupazione e fa girare l’economia».

Intanto si allarga la mobilitazione dei sindacati di categoria: alle tre Regioni che già si erano attivate nei giorni scorsi, Lazio, Toscana ed Emilia Romagna, ieri si sono aggiunte la Puglia e il Veneto: la prima ha proclamato due giorni di sciopero per l’1 e il 2 aprile la seconda ha aperto un tavolo di confronto con la Regione. Contrastare concretamente le aperture festive però sembra un miraggio: l’intenzione di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs è quella di sollevare il problema e chiedere che ci sia per i lavoratori da una parte il criterio della volontarietà dall’altra una maggiore retribuzione rispetto alle 'semplici' domeniche. Il segretario generale della Fisascat Pierangelo Raineri ha ribadito la posizione della categoria sul tema del lavoro festivo e sulle liberalizzazioni che «non hanno sortito l’effetto sperato sugli aumenti di fatturato delle imprese» perché «non è cresciuto il reddito dei consumatori e dei lavoratori dipendenti sui quali grava una tassazione tra le più alte in Europa». Per uscire da questa situazione di impasse serve una concertazione tra enti locali e sindacati sul calendario delle aperture commerciali e una contrattazione decentrata per garantire la volontarietà della prestazione festiva e una retribuzione adeguata. Il criterio della volontarietà è stato adottato da alcune catene di supermercati, ad esempio da Esselunga, mentre altre come Carrefour che hanno adottato la logica delle aperture non-stop stanno tornando sui propri passi perché i risultati in termini di incassi nelle ore notturne non sono soddisfacenti. Il problema di fondo insomma è che allungare gli orari e le giornate di apertura non corrisponde ad una maggiore spesa da parte degli consumatori ma solo ad una 'diluizione' degli acquisti. Il tutto sulla pelle dei lavoratori, soprattutto soprattutto quelli più giovani e con contratti atipici, che spesso non si vedono riconosciuta una retribuzione aggiuntiva per le giornate festive che sono già previste dal contratto.

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