Il Bundestag tedesco ha approvato stamattina
con ampia maggioranza il terzo pacchetto di aiuti alla
Grecia.
In quali mani potevano finire le prime infrastrutture da privatizzare da parte dello Stato più indebitato del Vecchio Continente, se non in quelle di una società del Paese-locomotiva d’Europa? La domanda retorica viene quasi naturale alla lettura della notizia che il governo di Atene ha approvato la vendita di 14 aeroporti regionali al gestore tedesco Fraport. Costo dell’operazione: 1,23 miliardi di euro. La decisione è stata confermata ufficialmente ieri, con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del testo firmato dal ministro dell’Economia e dal suo vice, rispettivamente Giorgos Stathakis e Yannis Dragasakis. Non si può certo parlare di una cessione a sopresa. Perché prima del blocco delle privatizzazioni, nel novembre del 2014, Fraport era già stato individuato come «investitore privilegiato» per concessioni di 40 anni su 14 scali locali: da Creta a Santorini, da Mykonos a Salonicco. Il passaggio di proprietà, quindi, era stato approvato dal precedente governo, per essere successivamente congelato con l’elezione a inizio anno del premier della sinistra radicale Alexis Tsipras. Ma ora questa diventa la privatizzazione numero uno realizzata dopo l’intesa siglata con la Grecia per ottenere il terzo pacchetto d’aiuti da 86 miliardi, che i creditori internazionali concederanno a scaglioni in cambio di un programma di riforme corposo, rigoroso e – almeno in parte – già avviato dal Parlamento.Questo tesoretto da 1,23 miliardi, tuttavia, non avrà neanche il tempo di finire nelle casse greche, proprio in virtù delle scadenze economiche impellenti che incombono sul Paese. E non ci sono solo debiti da saldare con il resto d’Europa, ma anche quelli "interni". Basti pensare che, come riferito dal segretario del sindacato Genop, Giorgos Adamidis, l’ammontare in termini di bollette scadute dovuto alla Ppc, il primo fornitore di elettricità del Paese (controllato dallo Stato), è salito a 2 miliardi.Nonostante le difficoltà economiche della Grecia risultino ancora tangibili, il ministro delle Finanze ha deciso di allentare i controlli sui capitali imposti lo scorso giugno (quando la Grexit era un pericolo più che concreto), rendendo nuovamente possibili i trasferimenti di denaro Oltreconfine, sia pure con forti restrizioni. I cittadini ellenici, infatti, non potranno effettuare bonifici di importo superiore ai 500 euro al mese laddove le banche avranno un limite al numero di pagamenti all’estero che potranno autorizzare. E pertanto non tutti i loro clienti potranno effettuare le operazioni. In compenso, però, non sarà necessario più alcun permesso preventivo per trasferire denaro fuori dal Paese.Ma la sostenibilità finanziaria della Grecia non si gioca solo in patria. Anzi, saranno soprattutto le scelte delle assemblee legislative degli altri Paesi europei a determinare il destino di Atene. Dopo il doppio via libera di ieri di Madrid e Vienna, oggi toccherà al Bundestag. E si tratta di un esito che, soprattutto per le proporzioni, si annuncia molto meno scontato di quelli spagnolo e austriaco. La vigilia del voto di Berlino, infatti, è stata segnata da polemiche e manovre politiche sotterranee portate avanti dal fronte dei falchi anti-Merkel. Le indiscrezioni riportate da alcuni quotidiani tedeschi su un ulteriore fabbisogno di 6,2 miliardi per la Grecia, da aggiungere agli 86 già previsti nell’ultimo piano di salvataggio, sono state seccamente smentite sia dalla Germania che da Bruxelles. «La cifra resta invariata», ha assicurato il portavoce del ministro tedesco, Wolfgang Schaeuble. Anzi, dalla Commissione Ue hanno sottolineato che, «se andrà tutto bene» – dalle privatizzazioni fino alla partecipazione del Fmi – la somma destinata ad Atene «potrebbe anche essere inferiore ad 86 miliardi».