Arriva dalla società civile l’allarme più forte sul varo della legge di stabilità. A lanciarlo sono i protagonisti del
welfare che nasce dal basso: le cooperative sociali, le associazioni, il mondo del non profit. Sul banco d’accusa finiscono i diversi interventi sull’Iva previsti per la prossima estate, non solo quello che eleva le aliquote per i beni di largo consumo dal 10% all’11% e dal 20% al 21%. Ma anche quello previsto per i servizi delle cooperative sociali, dal 4% al 10%.Partiamo proprio dal settore non profit. Confcooperative ha definito l’intervento sulle coop sociali «un abbaglio rispetto al quale occorre fare una rapida retromarcia». Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà e portavoce dell’Alleanza delle Cooperative sociali (che comprende Federsolidarietà-Confcooperative, Legacoopsociali e Agci Solidarietà: 12mila enti che erogano servizi a oltre 5 milioni di cittadini, dando lavoro a 750mila persone) è netto: «È una misura che non ha ragioni di finanza pubblica e anziché tradursi in maggiori entrate si tradurrà in un’emergenza sociale», denuncia. Due saranno in particolare le conseguenze. «Maggiori spese per le Asl e i Comuni, una riduzione drastica dei servizi che colpirà gravemente da una parte le categorie più fragili e indifese del Paese come disabili, malati terminali, anziani e minori in situazioni di disagio, e dall’altra tutte le famiglie che vedranno ridursi i servizi o aumentare i costi». I Comuni, prosegue, «sono già sotto stress con il fondo nazionale per le politiche sociali ridotto a 11 milioni», mentre le aziende sanitarie devono fare i conti «con una riduzione del loro budget del 5% per il 2012, e si parla del 10% per l’anno prossimo».«È un colpo di grazia al
welfare del Paese, un aggravio di ben 510 milioni di euro che si ripartirebbero per il 70% sulla Pubblica amministrazione e per il 30% sulle famiglie utenti finali dei servizi – aggiunge Paola Menetti, presidente di Legacoopsociali –. L’effetto sarà una drastica riduzione dei servizi». In pratica, solo per le famiglie l’aggravio sarebbe pari a 153 milioni.Le Acli puntano l’accento, invece, sulla riduzione delle aliquote Irpef. «È condivisibile l’idea di differenziare il peso dei sacrifici alleggerendo l’Irpef per i redditi medio-bassi – spiega il presidente Andrea Olivero – ma il complesso delle misure adottate produce più svantaggi che vantaggi per le famiglie e le fasce più deboli». Mentre l’aumento dell’Iva sui generi di largo consumo è uno svantaggio per tutti, prosegue, «i vantaggi provenienti teoricamente dalla riduzione delle aliquote Irpef non solo lasciano fuori una larga platea di incapienti, ma sono di fatto erosi e vanificati dall’introduzione del tetto di 3.000 euro alle detrazioni e della franchigia di 250 euro per deduzioni e detrazioni». Secondo la Cgia di Mestre, infine, l’effetto composto della riduzione dell’Irpef, dell’aumento dell’Iva, dell’introduzione della franchigia e del taglio delle deduzioni e detrazioni fiscali costerà caro alle famiglie italiane. «Nel 2014, quando subiremo per tutti i 12 mesi dell’anno l’aumento di un punto delle aliquote Iva del 10 e del 21%, a fronte di una diminuzione del carico fiscale sui redditi pari a 5 miliardi di euro, le famiglie si troveranno un aumento dell’Iva di 6,5 miliardi e un taglio delle agevolazioni fiscali pari a un miliardo – spiega il segretario Giuseppe Bortolussi –. Pertanto, nel "dare/avere" con il fisco, lo "sbilancio" sarà di 2,5 miliardi, pari ad un incremento medio annuo a famiglia di circa 100 euro.