(archivio Ansa)
L'Italia è ferma e per questo occorre fare presto. Il Paese continua a vivere un periodo di stagnazione e dunque il rilancio dell’economia dovrà essere al centro di qualsiasi agenda governativa, che sia o meno targata Pd-M5s.
A ricordare alla politica che l’orologio corre, mentre la nostra economia resta al palo ci hanno pensato ieri sia l’Istat, pubblicando i dati sul lavoro e sull’andamento dell’economia nel secondo trimestre 2019, che Piazza Affari. La Borsa di Milano, da giorni con lo spread in discesa alla sola ipotesi di nuovo esecutivo, torna infatti nel pomeriggio sulle montagne russe al primo aut aut posto da Di Maio a Conte. E così il differenziale tra i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi, che era sceso fino a 162 (il livello più basso dal maggio dell’anno scorso), ha chiuso in risalita a 170 punti base e il listino milanese ha virato in territorio negativo terminando a -0,35%.
Anche l’entusiasmo degli investitori per il tasso sul Btp decennale che nella giornata aveva registrato un nuovo minimo storico a 0,92% si è andato raffreddando dopo le condizioni «imprescindibili» per la nascita del nuovo esecutivo messe sul tavolo dal capo politico grillino.
In mattinata, in pieno giro di consultazioni, erano già stati i dati Istat a rimettere al centro dei colloqui la necessità di uno slancio per l’economia. Il Pil italiano tra aprile e giugno del 2019 è, difatti, rimasto invariato rispetto ai tre mesi precedenti, anzi è leggermente peggiorato diminuendo dello 0,1% su base annua. Ed è così che l’istituto di statistica conferma la crescita zero in termini congiunturali, mentre ha rivisto al ribasso il dato tendenziale che nelle stime di fine luglio risultava nullo.
Per l’Istat «prosegue ormai da cinque trimestri la fase di stagnazione che caratterizza l’economia italiana». E così anche lo stallo è certificato.
Dal lato della domanda interna, in particolare, il contributo positivo degli investimenti è compensato da un nuovo apporto negativo delle scorte, mentre i consumi forniscono una spinta ininfluente. Sul versante estero, importazioni ed esportazioni registrano tassi di incremento molto simili, con un contributo anch’esso nullo. Nel dettaglio, le esportazioni sono cresciute nel secondo trimestre dell’1% congiunturale e gli investimenti dell’1,9%, le importazioni sono aumentate dell’1,1%. Nell’ambito dei consumi, la spesa delle famiglie residenti e delle "istituzioni sociali private" è rimasta invariata, quella delle Pa è scesa dello 0,1%.
Anche le notizie sul versante del lavoro non fanno ben sperare, perché si inizia a vedere un deterioramento generale del mercato occupazionale. A luglio, secondo le rilevazioni dell’istituto di statistica, si sono persi 18mila posti, primo calo del 2019; una flessione dovuta al venir meno di contratti stabili (-44 mila), solo in parte compensati dalla ripresa degli occupati autonomi (+29 mila). Troppo presto per trarre delle conclusioni. Ma di certo sono cifre in controtendenza: gli occupati crescevano da cinque mesi. E invece ora la disoccupazione è arrivata al 9,9%. Lo stesso accade tra gli under 25: quelli alla ricerca di un posto aumentano al 28,9%. Dati che preoccupano non solo la politica, ma anche le forze sociali. Così Confcommercio e Confesercenti temono l’ulteriore gelata dei consumi che potrebbe arrivare dagli aumenti Iva, mentre l’Alleanza delle Cooperative chiede un governo in grado di dare nuovo impulso all’economia perché servono risposte urgenti.