Uscire illesi dal duello con i giocolieri delle cantere, i campioni del mondo (e d’Europa) della Spagna e poi venire stoppati dalla banda Bilic? È il timoroso dilemma che in queste ore macera un po’ il clan Italia. Fermarsi con la Croazia sarebbe un po’ come non riuscire a salire sul monte Tabor (anche il protocalciofilo Leopadi comprenderebbe) dopo aver quasi scalato l’Everest. Prandelli, che ha affrontato con estremo coraggio le Furie Rosse di Del Bosque, non si fida per niente dei furetti croati. «Perché è una squadra capace di cambiare diversi moduli a partita in corso e hanno un’intensità di gioco incredibile che conosciamo bene». Cesare questa volta forse non riuscirà a schiacciare un pisolino prima della partita. È comunque sereno, «perché questo gruppo trasmette serenità». Pirlo di serenità ne emana fin troppa, sembra lo Zoff di adesso mentre dorme su sette guanciali in conferenza stampa. All’Andrea nazionale non lo scalfisce neppure il siluro dello straconvinto Bilic che scommette con chiunque: «Modric è molto più forte di Pirlo», Ci vuole il Cesare per svegliarlo dal torpore della vigilia e ricordare a tutta Europa «che Modric per eguagliare Pirlo deve cominciare a portare a casa qualche titolo, perché è con quelli che si entra nella storia». Tradotto per il fantasista croato del Tottenham: ci vogliono tanto per gradire, 3 scudetti (2 con il Milan e l’ultimo con la Juve) 2 Champions un titolo mondiale per club e uno con la Nazionale a Germania 2006. Alla spavalderia croata si risponde con la bacheca di Pirlo, mica con le chiacchiere. Quelle meglio farle il meno possibile, Pirlo docet, specie dopo il mezzo incidente diplomatico di Antonio Cassano che per parlare sempre come mangia era entrato per qualche ora nel club degli omofobi. «Cosa penso delle dichiarazioni di Cassano? Che non ci facciamo mancare proprio niente», glissa Prandelli con estremo fair-play. «Siamo qui per parlare di calcio, quando avremo più tempo potremo affrontare serenamente anche problemi più seri come abbiamo sempre fatto». Calcioscommesse, razzismo, antisemitismo, terremoto, mafie, il nostro Cesare in effetti ha spaziato oltre il campo, ma adesso c’è solo un obiettivo: passare il turno. Inutile negare che un pizzico di nervosismo è riaffiorato dopo le sparate “metrosessuali” del trequartista ridens Cassano, sincero quanto si vuole, ma troppo legato al suo astrattismo: «Se penso quello che dico, succede un macello…». Se Antonio gioca come sa, anche quei «70 minuti che ora ho sulle gambe», invece, questa Nazionale potrebbe avere un futuro a Euro2012. Lo Special One Mourinho ha promosso gli azzurri a pieni voti («possono vincere gli Europei»), mentre ha bocciato categoricamente il suo ex figliol prodigo Mario Balotelli. Ma il nostro “Normal One” Cesare, fedele alla sua idea di «gioco sano e spontaneo», non ascolta neppure le fonti più autorevoli del pianeta calcio e dovrebbe riproporre il suo Mario - non ancora Super -, dal primo minuto, al fianco del gemello neuronale Cassano. «Un cambio in attacco lo farò, ma non lo dico certo a voi...», dice il ct tenendo sulla corda Balotelli e scaldando per le accelerazioni il mago della profondità Totò Di Natale. Del resto di “SuperMario” finora c’è solo il croato Mandzukic che si è presentato con una doppietta all’Irlanda. Occhio dunque a Mandzukic e al suo compagno di scorribande Rakitic che non stanno facendo rimpiangere l’assenza della bandiera Olic. La difesa azzurra che con un De Rossi in formato Cannavaro ha risposto al meglio all’esperimento con la Spagna, è chiamata a un’altra giornata di straordinari. Il monito, non prendere gol, nella circostanza va di pari passo con il tassativo: evitare il giallo. Chiellini, Maggio e Bonucci sono già stati ammoniti e dopo l’esclusione di Criscito e l’infortunio di Barzagli, resta solo il giovane Ogbonna per coprire altre eventuali defezioni del pacchetto arretrato. Ma il giallo più fosforescente è quello che si porta addosso il nevroromantico Balotelli, al quale consigliamo litri di camomilla, al posto del tè, prima della partita e durante l’intervallo della sfida odierna. Una sfida in cui a fare calcoli si rischia che vengano alle vie biliari come al sergente Sarti di Loriano Macchiavelli. L’ormai proverbiale e attenzionato «Meglio due feriti che un morto» di Gigi Buffon, a un certo punto è sembrato persino materializzarsi nel debutto europeo di Danzica. Qui a Poznan, invece, i 3 punti sono praticamente obbligatori perché la quasi sicura vittoria della Spagna sull’Irlanda e un nostro eventuale pari metterebbe a rischio la qualificazione. E alla terza Croazia-Spagna, potrebbe riproporre i fantasmi di Euro 2004. Il “gran biscotto” scandinavo, l’oltraggioso 2-2 tra Danimarca e Svezia che mise in ginocchio il vecchio Trap e fece piangere persino l’eterno ridens Cassano, oltre a Buffon e Pirlo, gli altri due superstiti di quella sfortunata edizione. «Questa è un’altra Italia, ancora più unita e che ha tutti i mezzi per regalare soddisfazioni», confessa uno stiracchiante Pirlo. Prandelli questa volta non parla di effetto stupore, se lo tiene per sé, anche perché qualcuno deve avergli detto che nei 6 precedenti con la Croazia abbiamo vinto una sola volta e in amichevole. Era il lontano 5 aprile 1942 e fu un 4-0: gol di Ferraris II, Gabetto, Grezar e Biavati, l’inventore del doppio passo. Quello che serve a questa Nazionale, un doppio passo per andare ai quarti, oppure, serenamente e con stupore, rimandare tutto alla prossima occasione.