La denatalità in Italia a livelli record nel 2019 - Ansa
Solo 67 nascite su 100 decessi. La popolazione italiana continua a diminuire e ad invecchiare. È il quadro che emerge dagli indicatori demografici 2019 diffusi oggi dall'Istat.
Per il quinto anno consecutivo la popolazione si contrae: al 1 gennaio 2020 i residenti erano 60 milioni 317mila, 116mila in meno su base annua. Il ricambio naturale della popolazione nel nostro Paese appare "sempre più compromesso": nel 2019 si registra un saldo naturale pari a -212 mila unità, frutto della differenza tra 435 mila nascite (il dato più basso mai registrato) e 647 mila decessi. Si tratta "del più basso livello di ricambio naturale mai espresso dal Paese dal 1918": per ogni 100 residenti morti arrivano soltanto 67 neonati. Dieci anni fa erano 96.
120mila gli italiani emigrati all'estero
Sono 120 mila, 3 mila in più rispetto all'anno precedente, gli italiani emigrati all'estero. Il saldo migratorio con l'estero nel 2019 risulta positivo per 143 mila unità: a fronte di 307 mila iscrizioni anagrafiche dall'estero si hanno solo 164 mila cancellazioni. Ma mentre i movimenti in ingresso sono per lo più dovuti a cittadini stranieri, 265 mila, oltre 20 mila in meno sull'anno precedente, sul versante dei movimenti in uscita la quota prevalente è da attribuire ai cittadini italiani, appunto circa 120 mila; le emigrazioni di stranieri (certificate da una cancellazione anagrafica) riguardano soltanto 44 mila individui (4 mila in più).
Oltre 5 milioni gli stranieri residenti
Al primo gennaio 2020 gli stranieri residenti in Italia ammontano a 5 milioni 382 mila, in crescita di 123 mila unità (+2,3%) rispetto a un anno prima. Lo riferisce l'Istat nell'annuale rapporto sugli indicatori demografici. "Nel conteggio - spiega l'istituto - concorrono 220 mila unità in più per effetto delle migrazioni con l'estero, 55 mila unità in più per effetto della dinamica naturale (63 mila nati stranieri contro appena 8 mila decessi), 46 mila unità in meno per effetto delle revisioni anagrafiche e, infine, 109 mila unità in meno per acquisizioni della cittadinanza italiana".
Al Nordest la speranza di vita più alta: per le donne oltre 85,9 anni
Nel 2019 migliorano le condizioni di sopravvivenza della popolazione e si registra un ulteriore aumento della speranza di vita alla nascita. A livello nazionale gli uomini sfiorano gli 81 anni, le donne gli 85,3. Per gli uni come per le altre l'incremento sul 2018 è pari a 0,1 decimi di anno, corrispondente a un mese di vita in più.
È al Nordest che si riscontrano le condizioni di sopravvivenza più favorevoli.: gli uomini qui residenti possono contare su una speranza di vita alla nascita pari a 81,6 anni, le donne pari a 85,9. Il Mezzogiorno, al contrario, gode di condizioni di sopravvivenza meno favorevoli, in virtù di una speranza di vita alla nascita di 80,2 anni tra gli uomini e di 84,5 tra le donne. Intermedi e ravvicinati sono invece i livelli di sopravvivenza nel Nordovest e nel Centro, dove risulta identica la speranza di vita alla nascita per le donne (85,5) mentre leggermente favoriti risultano i residenti nel Centro per quanto concerne gli uomini (81,3 contro 81,1).
Il primato regionale tra gli uomini compete alla Provincia di Trento (82,2 anni), seguono Umbria (81,9), Marche (81,8) e Provincia di Bolzano (81,8). Trento rappresenta l'area più favorevole per la sopravvivenza anche per le donne, grazie a una vita media di 86,6 anni, dato che costituisce peraltro il più alto livello di speranza di vita alla nascita mai toccato nella storia del Paese per una singola regione.
La fecondità resta costante a 1,29 figli per donna
Nonostante l'ennesimo record negativo di nascite, la fecondità nel 2019 rimane costante al livello espresso nel 2018, ossia 1,29 figli per donna. Nell'ultimo biennio, in particolare, tra le donne residenti in età feconda (convenzionalmente di 15-49 anni) si stima una riduzione di circa 180mila unità. I tassi specifici di fecondità per età della madre continuano a mostrare un sostanziale declino nelle età giovanili (fino a circa 30 anni) e un progressivo rialzo in quelle più anziane (dopo i 30). L'età media al parto ha toccato i 32,1 anni, anche perché nel frattempo la fecondità espressa dalle donne 35-39enni ha superato quella delle 25-29enni. Fanno più figli le donne ultraquarantenni di quanti ne facciano le giovani sotto i 20 anni di età, mentre il divario con le 20-24enni è stato quasi del tutto assorbito.
Mattarella: contrastare la denatalità
I dati dell'Istat mostrano un'Italia con un evidente problema di denatalità, sul quale è intervenuto anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. "Va assunta ogni iniziativa per contrastare questo fenomeno", ha detto il capo dello Stato spiegando che si rischia un indebolimento del "tessuto del nostro Paese".
Il Forum delle famiglie: urgente un Patto per la natalità
"Con una coincidenza significativa il Forum delle associazioni familiari è stato ricevuto oggi al Quirinale dal Presidente della Repubblica Mattarella, nello stesso giorno in cui l'Istat rende noti dati drammatici e dirompenti sull'ennesimo crollo demografico del Paese - ha detto il presidente del Forum, Gigi De Palo - . Il Forum Famiglie ripete da ormai cinque anni, inascoltato dalla politica, l'urgenza di un Patto per la natalità con cui mettere insieme tutte le forze del Paese per far ripartire le nascite. Per questo, il 15 maggio a Roma terremo gli Stati Generali della Natalità: incontreremo tutte le componenti più importanti e strategiche a livello nazionale per spingerle ad agire e cambiare le cose. Il tempo per evitare il defaut del Welfare nazionale è quasi scaduto. Non sarà facendo finta di nulla che salveremo quello che resta dell'Italia. L'anno buono per le famiglie non può essere sempre il prossimo: è ora che la politica dia risposte concrete. Da parte nostra, saremo ancora qui anche il prossimo anno, per vedere se qualcosa finalmente è cambiato".