A più di un anno dall’inizio della pandemia l’Istat – con un’indagine condotta tra dicembre 2020 e gennaio 2021 che si è concentrata sulla seconda ondata dell’emergenza sanitaria – ha fotografato gli effetti sullo stato di salute economico delle famiglie italiane. È emerso un quadro preoccupante, con una fetta della popolazione che ha fatto fatica a mantenere il tenore di vita precedente e ha dovuto chiedere un prestito o vendere dei beni.
Impegni economici rinviati per colpa della pandemia. Più di un quinto degli italiani, il 22% per la precisione, ha avuto difficoltà nel far fronte ai propri impegni economici come pagare il mutuo, l’affitto e le bollette. Complessivamente si tratta di più di 11 milioni di persone e tra queste oltre tre milioni hanno incontrato problemi nell'affrontare le spese alimentari durante la seconda ondata. Dall'analisi emerge che le difficoltà si sono spesso sovrapposte: la maggior parte di chi ha avuto problemi non è riuscita a fronteggiare almeno due impegni economici (76,2%), il 34,7% (pari a tre milioni e 800mila persone) almeno quattro. Il 13,4% degli intervistati ha avuto problemi col pagamento delle bollette (l'11,8% ha dovuto rimandarne il pagamento, il 9,1% non è riuscito a pagarle), il 16,5% ha dovuto rinunciare alle vacanze, il 13,9% non è riuscito a fare fronte a una spesa imprevista, il 6,3% non è riuscito a pagare le rate di un mutuo o di un prestito o le spese necessarie per i pasti mentre il 6,7% non è riuscito a pagare l'affitto. Nel Mezzogiorno le criticità hanno riguardato il 30,7% degli intervistati a fronte del 18,4% del Nord e del 17% nel Centro. Quasi un cittadino su quattro non è riuscito ad andare in vacanza (13,2% nel Centro), uno su cinque non è riuscito a far fronte a una spesa imprevista (6,2% nel Centro); il 14,4% non è riuscito a pagare le bollette (7,1% nel Nord, 4,4% nel Centro). Circa un cittadino su 10 non è riuscito a pagare le rate di un mutuo, di un prestito o l'affitto, un'analoga quota di persone non è riuscita a sostenere le spese dei pasti.
Un italiano su 10 ha dovuto fare un prestito o chiedere aiuto ai familiari. Un altro dato preoccupante riguarda il ricorso a prestiti per far fronte al disagio economico imprevisto. Un italiano su 10 (il 12% per l’esattezza), nella seconda ondata della pandemia ha dovuto ricorrere ad aiuti economici per far fronte ai problemi di bilancio familiare. Nello specifico l'8,6% della popolazione ha fatto richiesta di aiuti pubblici (bonus vari, reddito di emergenza), il 3,6% ha ricevuto denaro in regalo da parenti o amici, il 2,6% ha chiesto prestiti a parenti o amici, l'1,7% si è rivolto agli istituti di credito, lo 0,7% ha messo in vendita beni di proprietà.Per tutte le tipologie di aiuto, la percentuale di chi ne ha avuto bisogno è più elevata nel Mezzogiorno, dove il 12,8% dei cittadini ha ottenuto aiuti pubblici (contro il 4,1% del Nord) e il 6,3% ha ricevuto aiuti in denaro (da non restituire) (2,4% nel Centro e 2,1% nel Nord).Tra gli occupati sono soprattutto i lavoratori del Commercio ad avere avuto bisogno di aiuti (21,8%): il 4,7% ha chiesto prestiti bancari, il 17,0% aiuti pubblici.Complessivamente hanno fruito di questi aiuti oltre 6 milioni di persone; il 68% ha chiesto un solo aiuto, il 22,5% ne ha chiesti due e il rimanente 9,5% almeno tre. In generale, hanno avuto bisogno di aiuti soprattutto i giovani tra i 25 e i 34 anni (22,1%), molto meno gli anziani (3,1% degli ultrasettantaquattrenni). Tra le donne di 35-44 anni il 21,3% ha fatto ricorso almeno un tipo di aiuto, contro il 10,1% degli uomini della stessa classe di età. Anche a livello territoriale le differenze sono significative: la quota di chi è ricorso ad aiuti va dal 6,6% nel Nord, al 13,7% nel Centro, al 18,4% nel Mezzogiorno.
Preoccupa lo scenario futuro: la metà degli italiani teme un tracollo dell'economia del Paese. Anche le prospettive per il futuro sono grigie. Per la metà dei cittadini la situazione economica del Paese è destinata nel complesso a peggiorare. Solo il 34,2% degli intervistati ritiene che resterà stabile mentre il 7,9% confida in un miglioramento. A livello territoriale i pessimisti sono più numerosi al Nord Italia e nel Mezzogiorno (rispettivamente 50,5%, e 54,3% a fronte del 44,4% del Centro). Per quanto riguarda le condizioni economiche familiari il 76,5% degli intervistati non prevede cambiamenti nel breve periodo (tre mesi). Il 12,9% ritiene che la situazione economica familiare peggiorerà, il 6,1% che migliorerà. I più pessimisti sono gli uomini tra i 25 e i 34 anni (20,5%), le donne tra 65 e 74 anni (20,3%) e i residenti nel Mezzogiorno (17,3%).