Tra le storie della crisi, alcune hanno anche il sapore amaro della beffa. Come quella di un imprenditore edile di Padova, che sostiene di essere creditore dello Stato per 270 mila euro, a causa di lavori di ristrutturazioni a lui assegnati nel 2009, tramite il Viminale, e mai pagati. Adesso se ne vuole andare dall’Italia, stufo e deluso – dichiara all’agenzia
Ansa – per uno «Stato che chiede lealtà al cittadino ma poi si comporta da brigante».Mario Bortoletto ha 62 anni ed è titolare della
Bortoletto Engineering di Peraga di Vigonza un paesotto a una manciata di chilometri da Padova. Nel 2009 venne chiamato dal ministero dell’Interno per eseguire lavori di ristrutturazione in un appartamento a Venezia, di proprietà appunto del ministero. Al Viminale venne convocata anche la ditta Gea di Roma per la ristrutturazione della chiesa di Santa Caterina da Siena in Magnanapoli, vicino al Quirinale. E a finanziare i due lavori sarebbe stato uno sponsor, in cambio della pubblicità sui ponteggi della chiesa a Roma.«Una cosa bellissima – ricorda Bortoletto – perché uno Stato squattrinato si trovava a ristrutturare due immobili senza spendere nulla». I documenti sottoscritti al Viminale prevedevano una fideiussione a garanzia del finanziamento dei lavori «e questo mi fece sentire sicuro – spiega –, poiché c’era il ministero come garanzia».L’imprenditore sostiene di essere stato chiamato dal viceprefetto Giuseppe Scalia già una settimana dopo per sollecitare l’avvio dei lavori. Così, «in due mesi – racconta Bortoletto – la ristrutturazione era completata all’ottantacinque per cento. Ma fin dalla prima tranche (ognuna da 70mila euro) i pagamenti non sono mai arrivati». Addirittura l’imprenditore parla di «falso in atto pubblico. Perché un funzionario dello Stato mi ha certificato che esisteva una fideiussione in realtà mai esistita». Nel frattempo lo sponsor che avrebbe dovuto finanziare i lavori è fallito e così il ministero ne ha trovato un altro. E «a quel punto – continua Bortoletto, con un sorriso amaro – volevano farmi firmare una nuova convenzione senza fideiussione. Non ci sono caduto una seconda volta: sono polentone, non fesso».Tanto più – sostiene – che la situazione è piuttosto generalizzata: «Ormai è impossibile lavorare per lo Stato, le aziende hanno problemi a incassare dagli enti pubblici. All’estero non è così. Per lavori alla caserma di Ederle sono stato pagato dagli Stati Uniti con puntualità».Dopo il cambio di governo l’imprenditore ha scritto anche al nuovo premier Mario Monti, il quale ha assicurato «che si sarebbe interessato. Però i miei dipendenti non vanno al supermercato con le promesse e le rassicurazioni». La
Bortoletto Engineering dopo questa vicenda ha perso quattro, cinque dipendenti «perché noi non siamo la Fiat, ma una piccola impresa, che opera da quarant’anni in tutto il Nord Italia, ma con quindici dipendenti. E le banche vogliono indietro i soldi, ma con tassi da usurai».Finora in questa storia – lamenta Bortoletto – «hanno guadagnato tutti: lo Stato ha visto ristrutturati una Chiesa e un appartamento senza spendere niente e al secondo sponsor hanno fatto ponti d’oro. Io al contrario non ho visto il becco di un euro. Anzi, ne ho persi 270mila».Allora, «stufo e deluso da uno Stato che si comporta come un brigante», l’imprenditore medita di andarsene a gambe levate dal Paese. Ha già una proposta di lavoro in Germania e la sta «seriamente valutando»...