La sede milanese di Google - Ansa
Se è solo un primo passo destinato a rimanere tale o se rappresenterà davvero 'l’inizio della fine' della corsa al ribasso sulle tasse saranno i prossimi step a certificarlo con chiarezza. L’attesa non sarà infinita. Al summit dei capi di Stato e di Governo in programma il prossimo weekend di Cornovaglia sarà già tempo di conferme, per non parlare del G20 di luglio a guida italiana, dove si allargherà la discussione ad altri big come Cina e Russia. Intanto, però, il G7 finanziario che si è chiuso ieri a Londra – il primo in presenza da quando è esplosa la pandemia – ha aperto la strada alla creazione di un nuovo sistema globale più equo sul piano fiscale per le multinaziona-li, a partire dai colossi del web. Quella siglata dai ministri dell’Economia dei 7 Grandi (Usa, Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Canada, Giappone) è un’intesa basata su due punti principali: l’introduzione del principio di un’aliquota globale minima del 15% per le grandi imprese, da applicare Paese per Paese in modo da allontanare gli eccessi di concorrenza sleale; l’impegno per una stretta sull’elusione che dovrebbe riguardare anche e soprattutto i big Usa del tech (non citati espressamente, ma compresi fra le multinazionali) con l’imposizione di tasse sul 20% degli utili oltre la soglia del 10% di profitto da «riallocare nei Paesi in cui si effettuano le vendite».
Al netto della domiciliazione nominale in qualunque paradiso fiscale. Se tale sistema venisse ratificato ed entrasse in vigore, porterebbe una buona dose di miliardi di euro in più nelle casse di tanti Stati. Costringere colossi come Amazon, Facebook, Google o Microsoft a versare più imposte ed evitare casi di 'tasse zero o quasi', del resto, sarebbe un toccasana per le entrate di tanti Paesi. Alla riunione di Londra per l’Italia ha partecipato Daniele Franco, mentre per gli Usa era presente la nuova segretaria al Tesoro dell’amministrazione Biden, Janet Yellen, che nelle conclusioni ha rimarcato la volontà di insistere nella strategia di politiche economiche «espansive » per tutto il tempo necessario a uscire dalla crisi, sia pure con l’impegno a vigilare su deficit e a rimettere in sesto i conti pubblici una volta superata la recessione. Se è vero che serviranno nuovi passaggi, è innegabile che sbloccare lo stallo sulla tassa minima era fondamentale. Ecco perché all’intesa sono seguite dichiarazioni soddisfatte da varie parti del mondo. Mario Draghi l’ha definito «un passo storico verso una maggiore equità fiscale». Il commissario Ue Paolo Gentiloni ha sottolineato come fosse tutt’altro che scontato in seno allo stesso G7 ancora fino a «tre mesi fa» raggiungere questo risultato. Anche Bruxelles ha riconosciuto l’importanza «del cambiamento dell’amministrazione americana » e del «ruolo personale di Yellen» per il raggiungimento del traguardo. I toni e le parole sono da 'grande giorno'.
Il padrone di casa Rishi Sunak, cancelliere dello Scacchiere nel governo di Boris Johnson si è detto «orgoglioso» di «un accordo storico adeguato all’era globale digitale» contemporanea. Il titolare delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, ha addirittura evocato «una rivoluzione » in grado di «cambiare il mondo». Il ministro dell’Economia Franco, a margine del vertice, ha precisato che la proposta sarà discussa «in sede G20» a luglio a Venezia, con la prospettiva di essere allargata agli altri Paesi, aggiungendo che l’attuazione tecnica richiederà «alcuni anni». Quando diverrà operativa sarà accompagnata dal superamento della digital tax, dove già in vigore. In attesa di nuovi sviluppi, anche i soggetti più direttamente interessati alla misura hanno esternato soddisfazione. Da Google a Facebook, passando per Amazon, le novità emerse da Londra vengono salutate con favore: «Ci auguriamo che i paesi continuino a lavorare insieme per garantire che un accordo equilibrato e duraturo venga concluso presto».