«Il sorpasso? La Cina è da anni la seconda potenza "reale". Se guardiamo il Pil in rapporto al potere d’acquisto, nel 2009 gli Stati Uniti hanno prodotto 14.256 miliardi di dollari, la Cina 8.887 miliardi e il Giappone 4.138 miliardi». Non è sorpreso dalla notizia Thomas Rosenthal, direttore del Cesif, il Centro studi per l’impresa della Fondazione Italia Cina, e docente di "Storia e geoeconomia: lo sviluppo economico della Cina" all’Università Cattolica di Milano.
I segnali c’erano già tutti?Il sorpasso della Cina sul Giappone era atteso lo scorso anno. Ma i dati di oggi non devono alimentare conclusioni affrettate. Vanno presi con le pinze, perché si riferiscono a un trimestre e le statistiche vanno lette su base annua. È indubbio tuttavia che il baricentro dell’economia mondiale si è spostato nell’area asiatica e pacifica.
È possibile che la Cina superi anche gli Stati Uniti in pochi anni?Non credo. Ora il Pil Usa è quasi tre volte quello della Cina. Sono scettico sul fatto che possa agganciare l’economia statunitense in tempi brevi, e non certo fra i cinque e i dieci anni come azzarda qualcuno. Guardando i trend delle due potenze con i dati che possiamo avere oggi, ci vorranno almeno vent’anni perché la Cina arrivi a quei livelli.
Qual è la forza cinese?L’urbanizzazione. La crescita cinese deriva innanzitutto dal massiccio spostamento dei contadini verso le aree urbane. Lasciano l’aratro per le macchine di produzione. Non dimentichiamo che ancora il 50% della popolazione vive nelle campagne. Parliamo dunque di una superpotenza che è anche un Paese in via di sviluppo. Lo dimostrano questi dati: il reddito nazionale lordo pro capite della Cina è di 3.620 dollari, è al 124° posto mondiale, contro per esempio quello italiano (35° posto, 35.080 dollari), che è dieci volte più alto. Si tratta perciò di un paese che ha enormi margini di crescita.
Quali sono invece i punti di debolezza?È una crescita basata più sugli investimenti e meno sui consumi interni. Da qualche anno il governo cinese lavorava a questo. Ma i problemi della crisi internazionale hanno rallentato il processo. Poi c’è un dato demografico: ha una popolazione oggi per la maggior parte fra i 15 e i 65 anni, in età da lavoro, che può contribuire allo sviluppo. In futuro dovrà invece fare i conti con una popolazione più vecchia che creerà problemi a livello pensionistico e sanitario. Infine, il più importante ostacolo è legato agli standard lavorativi e ambientali che tenderanno ad uniformarsi al resto del mondo. I recenti casi scoppiati alla Foxxcon e Toyota hanno portato, per esempio, all’aumento dei salari minimi.