Uno strumento di civiltà. Che responsabilizza il cittadino in una materia in cui fino a oggi è rimasto spettatore, subendo il peso dell’amministrazione finanziaria. La deducibilità o detraibilità delle spese sostenute apre un sistema virtuoso». È un sì incondizionato quello che il presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano, Alessandro Solidoro, dà della possibile introduzione del principio del contrasto di interessi, attraverso la possibilità di «scaricare» dalla dichiarazione dei rettiti gli scontrini e le ricevute delle spese sostenute.
Una svolta?Si tratta di un percorso alternativo rispetto a quelli attualmente in essere, perché trasferisce il sistema del controllo dall’amministrazione finanziaria al cittadino stesso. Il contrasto di interessi fra due contribuenti che entrano in relazione snellisce anche le attività accertative. Il cittadino diventa un controllore – non certo in senso poliziesco – dell’operato di un altro contribuente.
Ma quale può essere la risposta dei cittadini?Credo sia più facilmente metabolizzabile l’idea di potere avere benefici della sua stessa azione, rispetto a ulteriori processi accertativi esterni.
C’è chi obietta che in termini di gettito non sarebbe un grande affare… L’effetto sul gettito è da valutarsi. È molto dibattuto, con cifre contrastanti. Il tentativo di introdurre questo metodo può essere un modo per capirlo, sperimentarlo. E quindi rendersi conto della sua efficacia. È, fra l’altro, un’idea non nostra, praticata in altri Paesi. Aldilà dei riscontri quantitativi, ritengo introduca – e per questo è apprezzato in molte realtà – un meccanismo virtuoso.
L’introduzione del redditometro in qualche modo traccia la strada?Esattamente. In termini fiscali i comportamenti dei cittadini sono ormai destinati a modificarsi. Saranno sempre più sollecitati a tenere in evidenza traccia della contabilità personale. Oggi non so quanti, a parte imprenditori e professionisti, ne hanno cura. Con questo meccanismo la rendicontazione si cala direttamente nel cittadino privato. E se ne trova un motivo di convenienza, sarà incentivato a collaborare e a sostenerlo.
Può bastare contro la piaga dell’evasione e dell’economia sommersa?Non credo ci sia una bacchetta magica per risolvere il problema, in tutti gli aspetti, dai comportamenti privati, fino a quelli di natura affaristica o peggio malavitosa. Ma possiamo e dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti possibili per combattere questi fenomeni.
Un’altra critica riguarda la verifica delle dichiarazioni...Il ricorso a strumenti di accertamento di natura sintetica, con aliquote e parametri, è indubbio che sia più semplice da gestire sul fronte dei controlli. Ma nell’essere semplici non è detto che questi strumenti siano equi e congrui. Piuttosto che una determinazione analitica del reddito in senso astratto o teorico è più corretto un meccanismo basato su quello che effettivamente guadagno e spendo. Ovviamente con dei paletti relativi al tipo di spese. Un sistema di controllo adeguato si trova: ci può essere un primo filtro in chi li redige la dichiarazione, e poi soglie di congruità, un po’ come per il redditometro, gli accertamenti a campione...
Insomma, nessuna remora?No. Mi piace il meccanismo che risolve in maniera privatistica il controllo fra interessi contrapposti. Ottengo una prestazione, chiedo la fattura, la scarico. Non è che diventiamo nemici... Ma rispettiamo le diverse posizioni, i diversi interessi e ci guadagniamo tutti. Ne sono convinto: è una battaglia di civiltà e di equità.