«È un segnale confortante, ma attenzione a non festeggiare troppo. Le agenzie di rating ci dicono che il peggio probabilmente è alle spalle, ma la crescita dell’Italia tornerà ai livelli pre-crisi, con un tasso di Pil compreso fra 0% e -0,5%. Significa che avremo una ripresa lenta, come è logico che sia quando si esce da una fase di recessione». Per Andrea Monticini, docente di Economia monetaria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, i giudizi di Moody’s e Fitch sull’operato del governo sono positivi, ma per restare tali è necessario attuare le riforme.
Professore, la parola d’ordine adesso è «produttività». Come è possibile avviare questa fase?Il governo Monti finora ha rimesso in ordine i conti del Paese in modo esemplare. Adesso ci sono due possibilità. Sul piano nazionale l’esecutivo dovrebbe favorire iniziative che prevedano l’aumento delle imposte indirette (Iva) e la riduzione degli oneri sociali per le imprese e i lavoratori. La seconda possibilità, alternativa alla prima, è quella di creare un’unione fiscale e politica europea: una sorta di governo federale che distribuisca in modo equo le risorse tra realtà povere e ricche. Solo così si ridurrebbero gli squilibri esistenti nell’Eurozona.
Intanto sul piano europeo si registra un nuovo scontro tra Bce e Bundesbank...Il comportamento della Banca centrale tedesca è incoerente. Da una parte pretende da Draghi la cosiddetta «indipendenza». Dall’altra, invece, gli esponenti di punta della Buba sono i primi a rilasciare dichiarazioni politiche. La verità è che nonostante la Bundesbank sia il "principale azionista" dell’Eurotower il suo voto all’interno della Bce vale quanto quello degli altri.
La Bce, dunque, nella decisione finale sull’acquisto dei titoli di stato e sul tetto anti-spread non si farà influenzare dalle critiche dei «falchi»? Le parole espresse da Draghi in più di un’occasione lasciano pensare che il numero uno dell’Eurotower abbia in mano la maggioranza per attuare gli interventi. Probabilmente entrambi gli strumenti verranno messi in campo, ma sia l’Italia sia la Spagna faranno di tutto per non utilizzarli perché avrebbero come logica conseguenza una cessione della sovranità nazionale.
La Grecia intanto sta preparando un nuovo pacchetto di tagli alla spesa pubblica. Sarà sufficiente per non perdere l’euro?Atene promette. Anche se la storia recente ha dimostrato che non mantiene mai fino in fondo la parola data, tanto che la troika ormai non si fida più. Razionalmente la Grecia sarebbe vicinissima a un ritorno alla dracma, ma sa benissimo che un’eventuale uscita dalla moneta unica rappresenterebbe un precedente pericoloso. Allora sfrutta questa situazione e tira la corda chiedendo un nuovo piano di salvataggio.
Un segnale positivo è arrivato ieri dalla Spagna. L’asta dei Bond è andata bene.L’esito era prevedibile, perché si trattava di titoli a 12 e 18 mesi. Ma anche in questo caso saranno decisivi i prossimi passi. Se in Italia l’ostacolo principale alla crescita è il pesante debito pubblico, in Spagna il pericolo numero uno è rappresentato dalla debolezza del sistema bancario. Se non verrà risolto questo problema la recessione spagnola è destinata a durare a lungo.