mercoledì 11 agosto 2010
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«Con o senza crisi, il sorpasso delle economie emergenti sui cosiddetti Paesi ricchi è irreversibile. Non si tornerà indietro per due ragioni: demografiche e formative». Il professor Mario Deaglio approfitta della pausa estiva per mettere a punto il Quindicesimo rapporto sull’economia globale e l’Italia, frutto della collaborazione fra il centro di Ricerca e Documentazione «Luigi Einaudi» e Lazard. L’ultimo era intitolato «Alla scuola della crisi» e anticipava lo scenario attuale: i Paesi occidentali alle prese con l’esplosione dei debiti pubblici e con l’acuirsi delle tensioni in settori strategici quali l’aerospazio e l’energia, rispetto ai quali si registra uno spostamento del baricentro del pianeta da Ovest verso Est. «In realtà – spiega l’economista –, limitatamente alla sola produzione industriale, il sorpasso degli emergenti è già avvenuto. Fra il 2005 e il 2006».Quali sono i fattori che rendono irreversibile lo spostamento del baricentro?Nei Paesi avanzati la quota dinamica della popolazione, quella dei giovani, tende a ridursi mentre in Brasile, Russia e soprattutto India registra un aumento costante. Su questo fattore si inserisce un miglior sistema di formazione: la Cina sforna ogni anno mezzo milione di ingegneri contro i 280mila dell’Europa. Non solo: il numero di pubblicazioni scientifiche dei «Bric» cresce vertiginosamente anno dopo anno.Nemmeno un forte rimbalzo del Pil americano nei prossimi anni riuscirà a invertire la tendenza?Ammesso e non concesso che tale rimbalzo di sia, al massimo durerà qualche trimestre. Non sufficiente a invertire il trend.Perché Paesi come Cina e India crescono con tale violenza? Non è ipotizzabile uno scenario in cui si vada verso un aumento del Pil con tassi più sostenibili?Parte dell’aumento della ricchezza è direttamente proporzionale all’aumento della popolazione. Se cresce dell’1% il Pil deve aumentare del 3% per mantenere le «nuove leve». Il resto della crescita deriva dal passaggio dell’economia da settori meno efficienti come l’agricoltura a quelli più efficienti come la tecnologia. Un passaggio che l’Italia ha conosciuto negli anni Cinquanta e Sessanta.Nei Paesi «ricchi» tassi di crescita asiatici sono oramai impensabili.L’unico modo per crescere di più, per noi, è probabilmente lavorare di più. Togliere «ore libere». La vicenda dello stabilimento Fiat di Pomigliano potrebbe essere letta anche in questi termini.Le prime proteste degli operai nelle fabbriche cinesi non potrebbe preludere a un aumento dei diritti che consenta automaticamente di rendere la crescita più sostenibile?Gli scioperi hanno interessato solo alcuni settori avanzati e coinvolto giovani spesso laureati. Ma ci sono in questo momento 300 milioni di cinesi pronti a passare dall’agricoltura all’industria. Un fenomeno di tale entità e ampiezza sul quale le giuste rivendicazioni sindacali avranno per lungo tempo scarso effetto.Schiacciata fra la crescita asiatica e gli Stati Uniti che conservano la leadership tecnologica l’Europa è destinata a un’inesorabile declino?Il Vecchio Continente è stato ormai estromesso dell’area del Pacifico. E stiamo perdendo anche l’Africa, «conquistata» dagli asiatici.Paghiamo la mancanza di una coesione politico-strategica?Anche con una maggiora coesione politica non credo che l’Europa riuscirà a contrastare la crescita asiatica.Ma potrebbe in ogni caso contrastare il declino...Quello che mi auguro è che l’Europa possa diventare la Svizzera del mondo: un Continente che presidia alcuni settori di eccellenza, con una qualità della vita elevata e la tranquillità sociale.
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