«Ora avremo più margini di manovra per favorire la crescita economica e con l’essa l’occupazione. Ma nel frattempo dobbiamo insistere a potenziare e migliorare i servizi per l’impiego: in 4-5 mesi dobbiamo renderli funzionali». Per Carlo Dell’Aringa, sottosegretario al Lavoro, è questa la sfida che il governo ha davanti.
Dal vertice di Berlino e dalla Commissione Ue sono arrivati due segnali di svolta: cosa comporteranno, visto che resta il limite del 3% di deficit/Pil?È stata premiata l’insistenza del presidente Letta e di partner come la Francia e la Spagna. Si è finalmente capito che senza stimoli alla ripresa e alla crescita occupazionale non si esce dalla grande recessione. È vero, restano dei limiti, ma abbiamo finalmente dei margini di manovra, oltre al miliardo e mezzo già destinato direttamente alle politiche attive per il lavoro. E questo vuol dire poter intervenire sul potenziale produttivo, dare una spinta al Pil e, combinato con risparmi di spesa pubblica, poter destinare risorse anche alla riduzione della pressione fiscale sul lavoro. Per poter accrescere il potere d’acquisto dei lavoratori, rilanciare la domanda interna e invertire la spirale negativa.
Prima il decreto sul lavoro, poi i fondi europei, ora la flessibilità di bilancio. Ma, realisticamente, quando vedremo degli effetti sull’occupazione?Dobbiamo distinguere i piani. Con il decreto abbiamo messo a punto misure per il mercato del lavoro. Utili, importanti perché danno maggiore flessibilità alle imprese e cercano di favorire tutte le occasioni di impiego, ancorché a termine. Sono un passo avanti nella direzione giusta, ma certo non sono di per sé risolutive. Perché ci siano effetti significativi sui tassi d’occupazione occorre attendere il dispiegarsi delle misure sullo sviluppo che descrivevo prima. Nel frattempo, anche per essere credibili agli occhi dei partner europei, dobbiamo rendere efficaci i servizi per l’impiego, cogliendo l’opportunità offerta dal programma Ue della "Garanzia giovani".
Su questo, l’assessore Gianfranco Simoncini ha espresso proprio sul nostro giornale la forte preoccupazione delle Regioni a proposito dei Centri per l’impiego, che rischiano da fine anno di trovarsi senza referente istituzionale e senza fondi.La preoccupazione è fondata. Ma abbiamo cominciato a rispondere istituendo una "struttura di missione" della quale fanno parte Governo, Regioni, Province, Isfol e Italia Lavoro proprio per avere un assetto certo prima della fine dell’anno. L’ipotesi è quella di creare una Agenzia federale, strutturata con una regia a livello nazionale e centri per l’impiego affidati alle Regioni. Spero si trovi un’intesa rapidamente, perché dobbiamo cogliere appunto l’opportunità della "Garanzia giovani" – coinvolgendo pure i privati – ma rispondere anche a un’emergenza.
Quale emergenza?Quella della cassa in deroga. Le Regioni già lamentano che anche il miliardo aggiuntivo appena messo a disposizione rischia di non bastare. Effetto della crisi, ma anche di una certa "facilità" con la quale in alcune zone questo ammortizzare sociale viene concesso. Allora dobbiamo stringere i criteri di concessione della cassa e della mobilità in deroga e poi migliorare l’azione dei centri per l’impiego per trovare un lavoro a chi viene messo fuori dalle aziende. Insomma, cercare di non spendere dei soldi in sussidi ma investire fondi in politiche attive.
Con i fondi europei, però, non si potrà pagare il personale dei Centri per l’impiego.No. Però con quei fondi potremo finalmente attivare accoglienza, orientamento, formazione e quant’altro può essere utile ai giovani per affrontare il mercato del lavoro. Non riusciremo a fare quel che non si è fatto negli ultimi 20 anni, i nostri servizi non arriveranno al livello di quelli inglesi, dove si investe 10 volte tanto rispetto all’Italia, ma possiamo migliorare molto la nostra offerta.
In tutti i vertici internazionali si indica lo strumento dell’apprendistato e dell’alternanza scuola-lavoro. Da noi però non riesce a decollare, perché?Ci sono problemi contingenti, sull’organizzazione della formazione esterna all’azienda e sui limiti per le assunzioni, che cercheremo di superare con le parti sociali e le Regioni. C’è però soprattutto un problema culturale: dobbiamo crederci in questo strumento – tutti – altrimenti non funzionerà mai.
Insomma, quando vedremo la luce in fondo al tunnel della disoccupazione?Se, come penso, ha ragione Saccomanni nel dire che a fine anno ci sarà un po’ di ripresa economica, allora nella primavera 2014 inizieremo a scorgere una luce anche per l’occupazione.