L’Italia ha fatto progressi, ma non è certo l’ora di rilassarsi. Anzi, in un contesto in cui l’eurozona nel suo complesso si avvia a uscire da questa lunghissima crisi, il Belpaese rischia di restare al palo se non avrà stabilità politica e non porterà avanti le urgentissime riforme strutturali. Il commissario europeo agli Affari economici e monetari Olli Rehn manda verso Roma un segnale molto chiaro: chiusa la procedura, l’Italia resta sorvegliato speciale, c’è ancora molto da fare. Prima, però, in questa intervista rilasciata ad
Avvenire (insieme al francese
Le Figaro e allo spagnolo
La Vanguardia) partiamo dall’Europa.
Commissario, stiamo uscendo dal tunnel della crisi?La ripresa economica dell’eurozona è certo ai primi passi, ed è ancora fragile. Tuttavia, quello della scorsa settimana è stato il primo incontro del G20 da almeno 4 anni in cui l’eurozona non era all’epicentro della discussione. Ci sono in effetti segnali incoraggianti sul fatto che stiamo svoltando l’angolo e tornando a una ripresa sostenibile. Attenzione, però: nessuno può mettersi a gridare "evviva, la crisi è finita". Non c’è spazio per lasciarsi andare. Tre punti sono cruciali. Primo: è essenziale che gli Stati membri continuino la via delle riforme per rendere le proprie economie più competitive, aumentare l’occupazione, favorire la crescita. Secondo, dobbiamo andare avanti con l’unione bancaria come concordato, e i prossimi stress-test per gli istituti di credito dovranno essere attuati in modo rigoroso. Terzo: è essenziale affrontare la questione della difficoltà di accesso al credito e più in generale al finanziamento delle imprese, soprattutto nel Sud Europa ma non solo.
L’Italia intanto segna il passo e per il 2013 presenta il dato di crescita peggiore fra i Paesi Ocse: preoccupato?Ho incontrato il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni al G20 di San Pietroburgo e ho avuto una discussione molto costruttiva e sostanziale. Ho fiducia nelle assicurazioni date dal governo italiano, anche da parte delllo stesso premier Enrico Letta. Assicurazioni sulla volontà di rispettare i target di bilancio, impegni fondamentali perché noi potessimo raccomandare la chiusura della procedura poi confermata dal Consiglio Ue.
Quali margini ha ora l’Italia, a procedura chiusa?Una volta che un Paese è fuori dalla procedura è nelle condizioni di avere possibilità di attuare investimenti produttivi a tre condizioni: se la crescita dello Stato membro è negativa o molto al di sotto del potenziale, se la deviazione non conduce alla violazione del tetto del deficit al 3% del Pil, se sono rispettate infine le regole del debito pubblico e le deviazioni sono relative a progetti cofinanziati dall’Ue. Vorrei aggiungere che l’Italia ha preso un’importante decisione stabilendo in cooperazione con la Commissione la restituzione dei debiti della pubblica amministrazione. A condizione però, ripeto, che ciò avvenga nel rispetto degli obiettivi fiscali.
La previsione del deficit al 2,9% nel 2013 si fonda su previsioni di un calo del Pil dell’1,3% quest’anno, mentre Ocse e Banca d’Italia simano un calo maggiore, tra l’1,8% e l’1,9%. Inoltre il fabbisogno dello Stato nei primi tre mesi del 2013 è quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente. Rischiamo una riapertura delle procedura?Il governo italiano, proprio nel contesto dell’abrogazione della procedura, si è impegnato a una clausola di salvaguardia per assicurare che il deficit resti sotto il 3%. Per parte nostra monitoriamo costantemente. In fin dei conti, però, è responsabilità del governo italiano assicurare che il deficit resti sotto il 3% del Pil. E questa è la "conditio sine qua non" per restare fuori dalla procedura. Del resto, per l’Italia è particolarmente importante rispettare questo limite considerato l’elevato debito pubblico, il maggior freno alla crescita. E oltre tutto nuove tensioni sui mercati dei titoli di Stato avrebbero impatto sul deficit.
Come valuta le coperture assicurate del governo necessarie per l’eliminazione dell’Imu sulla prima casa?Posso dire che abbiamo preso nota dell’accordo del 28 agosto per la sostituzione dell’Imu con una "service tax" dal prossimo anno. E abbiamo preso nota di altre decisione annunciate anche per quest’anno, tra cui l’accelerazione del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. I nostri servizi attueranno al più presto un’analisi molto più minuziosa di queste misure, soprattutto della service tax, una volta che ci saranno state comunicate nel dettaglio. Su questa base stabiliremo se l’Italia sta osservando il patto di stabilità e crescita in relazione alle raccomandazioni di luglio.
Al G20, in ogni caso, l’Italia ha raccolto una valutazione positiva...Al G20 c’è stata una valutazione positiva delle politiche seguite complessivamente dall’eurozona e un riconoscimento dell’attuale ripresa nell’area. L’Italia, per parte sua, ha avuto negli ultimi mesi delle turbolenze politiche. Ora è essenziale assicurare stabilità politica, una stabilità indispensabile per spianare la strada alla ripresa del Paese. È inoltre fondamentale migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario. E anche sul fronte economico, l’Italia ha ancora tantissimo spazio per migliorare così da far ripartire la crescita. Certamente non possiamo ora rilassarci, dobbiamo vigilare.
Tradotto: senza stabilità politica e senza riforme niente ripresa.Se vuole può sintetizzarlo così. Per usare una metafora calcistica, l’Italia in economia deve smettere di fare catenaccio e cominciare a fare "total football", "calcio totale" e giocare sul serio.