Tre indizi fanno una ripresa? L’ultimo è di ieri. L’indice dei direttori acquisti (Pmi) manifatturiero italiano torna a crescere per la prima volta dopo due anni, salendo a luglio a quota 50,4 rispetto al 49,1 del mese precedente e contro le stime del 49,7. Non siamo di fronte a una svolta. Ma che il settore strategico dell’industria dello Stivale torni a respirare è un dato che va interpretato come un segnale positivo. Uno dei tanti arrivati negli ultimi giorni. Martedì scorso la classifica stilata dall’Eurostat ha messo l’Italia in cima alla graduatoria dei Paesi Ue in cui è in recupero la fiducia dei consumatori e delle imprese. E prima ancora l’Ocse aveva diffuso una ventata di ottimismo, registrando sulla nostra penisola il più elevato miglioramento delle prospettive di crescita economica.Certo, la disoccupazione (specie quella giovanile) continua a essere una ferita aperta nel cuore del Paese, come dimostrano le rilevazioni Istat di 48 ore fa. Inoltre, i consumi interni restano deboli e non si intravede un’inversione di tendenza a stretto giro. Ma in Italia, come in Europa, sono in aumento i bollettini con la scritta «fiducia». Il passo di marcia nazionale sembra essere lo stesso del Vecchio Continente. Un possibile motto? «Avanti, piano».Una conferma in questo senso è arrivata da Mario Draghi che per la terza volta in un mese ha confermato ieri «l’intravedersi di una ripresa per la zona euro». E ha ribadito che non c’è pericolo «di deflazione in nessun Paese». Il timoniere dell’istituto di Francoforte, però, nel corso di una conferenza con la stampa, ha esaminato anche i possibili ostacoli che potrebbero presentarsi lungo il cammino della crescita. Per tale ragione la Banca centrale europea non ha rivisto la sua politica monetaria, lasciando i tassi ai minimi storici (0,50%) e facendo intendere che non ci sono rialzi previsti a breve. La rassicurazione è stata apprezzata dagli investitori, con i listini internazionali tutti in positivo: nuovo record per Wall Street e Milano in crescita di oltre il 2%.Tra i «rischi al ribasso» citati da Draghi ci sono «recenti sviluppi nel mercato globale e nelle condizioni finanziarie, con relative incertezze che potrebbero influenzare negativamente le condizioni economiche». Sul fronte della liquidità il numero uno della Bce ha spiegato che il calo su base annua dei prestiti è peggiorato ulteriormente, mentre la stretta del credito alle famiglie resta sui livelli precedenti. Se si dovesse giudicare solo sulla base dell’andamento dei depositi bancari nella zona euro invece, ha precisato il governatore, la fase «di frammentazione dei mercati finanziari sarebbe superata».Altro nodo resta quello occupazionale, che si conferma un problema non solo italiano. «Il mercato del lavoro continua a essere debole», ha sentenziato Draghi. In Italia le principali opportunità, soprattutto per i giovani, potrebbero arrivare dall’Expo. Il tema ieri è stato al centro di un colloquio tra il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, e i leader di Cgil, Cisl e Uil Camusso, Bonanni e Angeletti. Nel corso dell’incontro è emersa l’ipotesi di approntare un nuovo contratto (una terza via tra apprendistato e tempo determinato) con l’obiettivo di tutelare gli <+corsivo>over 29<+tondo>, rimasti fuori dalle agevolazioni introdotte nelle scorse settimane. Le emergenze, insomma, restano due: risollevare un’economia reale ancora in affanno e dare lavoro ai giovani. Sono le priorità dell’Italia di oggi. E anche dell’Europa.
L'indice Pmi manifatturiero in risalita dopo 2 anni. Bene le Borse. La Banca centrale europea (Bce): mercato occupazionale ancora debole, crescita verso fine anno. «Per il momento nessun rischio di deflazione».
L'ANALISI Fiducia ancora lontana dall'economia reale
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